Allo scoperto

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Sabato 8 Novembre 2014, 06:09
IL GIALLO
NEW YORK Era notte. C'era buio, e una confusione terribile. Grida, pianti, spari, sangue. Com'era possibile sapere con certezza dov'erano finiti i colpi del proprio fucile? È questa la critica che un gruppo di Navy Seals, le squadre speciali della Marina Usa, muove contro Robert O'Neill, l'ex Seal che sostiene di aver freddato lui Osama Bin Laden con tre colpi, uno sulla fronte e due sul petto. Quando giovedì il suo nome è arrivato a caratteri cubitali su tutti i media del mondo, i suoi colleghi si sono irritati. E quello era solo un assaggio: martedì prossimo O'Neill comparirà in tv per raccontare in persona le sue gesta. La sua decisione non solo di rivelare i particolari di quella notte, ma di aggiudicarsi il merito di aver ucciso il terrorista, ha creato un terremoto in un mondo che normalmente è legato dall'impegno alla massima segretezza. Almeno altri due membri del corpo hanno contestato - in forma anonima - la sua versione dei fatti, mentre un gruppo di ufficiali gli ha fatto giungere una lettera di biasimo per aver «egoisticamente violato l'etica e i valori di fondo del corpo, al fine di avere notorietà e vantaggi finanziari». Lui risponde di aver sentito il bisogno di raccontare questi fatti dopo un incontro a New York con i parenti dei quasi tremila newyorchesi uccisi dagli attentati alle Torri voluti da Osama: «Le famiglie ne hanno tratto conforto» si difende. Argomento che colpisce l'opinione pubblica, visto che il terrorismo è ancora nelle prime pagine tanto che il presidente Barack Obama ha dovuto mandare ieri altri 1.500 soldati in Iraq per combattere contro la nuova minaccia dell'Isis. Ma sulla non dimenticata vicenda di Osama la situazione è ancora confusa. Anzi vari esperti di terrorismo pensano che il giallo dell'uccisione del capo di al Qaeda sia diventato più fitto di prima.
SOTTO FALSO NOME
Robert O'Neill, 38 anni, è stato nel corpo speciale della Marina per 16 anni, ed è poi diventato consulente del corpo, e infine si è ritirato dal servizio militare e ha lanciato una carriera come “motivational speaker”. Ha anche ammesso di avere del risentimento contro il Pentagono perché dopo essersi ritirato e aver chiesto aiuto per trovare lavoro, gli era stato offerto un impiego come autista di una ditta per la consegna della birra: «Neanche fossi stato un pentito della mafia!» ha polemizzato. L'anno scorso, O'Neill ha concesso una lunga intervista anonima al mensile Esquire, in cui ha raccontato l'attacco al compound di Osama ad Abbottabad in Pakistan nella notte del primo maggio 2011. Già allora sostenne di aver freddato Osama con tre colpi. La rivista lo chiamava semplicemente “the shooter”, lo sparatore. Ma un altro Navy Seal, Matt Bissonnette, aveva scritto un libro nel 2012, in cui - sotto il falso nome di Mark Owen - raccontava di essere stato lui il “point man” della missione.
L'ALTRA VERSIONE
Dunque Bissonnette è uno dei colleghi che contestano O'Neill. Altri due non hanno rivelato i propri nomi ma hanno sostenuto con i media che le cose andarono diversamente da quel che dice lui: è vero che O'Neill era parte della squadra, è vero che ha sparato, ma ha colpito Osama di striscio alla fronte, e sono stati i colleghi che lo seguivano a freddarlo con colpi al petto. I due anonimi Seal non contestano dunque l'eroismo di O'Neill, che difatti - secondo loro - si era addentrato coraggiosamente nella stanza buia, per fermare le donne di Osama ed evitare che facessero brillare degli esplosivi. Ma gli tolgono il vanto di averlo ucciso. Il guaio è che dopo la missione ordinata dal presidente Barack Obama, fu deciso che il corpo del terrorista non doveva diventare un luogo di pellegrinaggio degli estremisti e fu quindi sepolto in mare. E così l'unica possibilità di risolvere il busillis, studiando le pallottole e confrontandole con le armi di ciascuno dei soldati, è finita nel fondo dell'Oceano.
Anna Guaita
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