Pensioni, con l’inflazione a zero risparmi per tre miliardi l’anno

Pensioni, con l’inflazione a zero risparmi per tre miliardi l’anno
di Luca Cifoni
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Mercoledì 13 Aprile 2016, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 17:25
I NUMERI Circa tre miliardi l’anno in meno di spesa per le pensioni: per metterli insieme il governo non ha dovuto fare particolari interventi, che del resto sarebbero stati difficilmente proponibili di questi tempi. Se li è invece ritrovati in dote come effetto collaterale di un fenomeno di per sé insidioso, ovvero l’azzeramento dell’inflazione. È il Documento di economia e finanza (Def) a prendere nota di questo inatteso regalo, segnalando l’effetto di «una minore indicizzazione ai prezzi rispetto a quanto previsto in sede di Nota di aggiornamento Def 2015». Com’è noto all’inizio di ogni anno i trattamenti previdenziali vengono rivalutati in base al tasso di inflazione registrato nei dodici mesi precedenti. Fino all’importo di tre volte il minimo Inps (circa 1.500 euro lordi al mese) la rivalutazione è totale, al di sopra di questa soglia viene attribuita in percentuali decrescenti.

LA LEGGE DI STABILITÀ Nel 2016 però l’adeguamento è stato nullo per tutti, in presenza di un’inflazione leggermente negativa che comunque non sarà recuperata (con l’ultima legge di Stabilità è stato stabilito che la variazione non può mai essere negativa). Nel 2017 invece dovrebbe essere trattenuto dalle pensioni con un anno di ritardo, sempre per disposizione della legge di Stabilità, uno 0,1 per cento riconosciuto in più nel 2015 rispetto alla crescita effettiva dei prezzi, mentre il costo della vita atteso ancora molto vicino allo zero nel 2016 potrebbe portare al più una rivalutazione limitatissima. Dal prossimo anno in poi, con effetto sul 2018, l’indice dell’inflazione dovrebbe tornare sopra l’1 per cento, ma l’impatto cumulato di questa dinamica sostanzialmente azzerata per due anni avrà intanto prodotto una significativa riduzione della spesa previdenziale.

 

IL MECCANISMO Il calo rispetto alle stime dello scorso autunno si avvertirà già quest’anno pur se in misura ridotta, 330 milioni. Nel 2017 invece le uscite complessive si dovrebbero fermare a 264,9 miliardi, circa tre e mezzo al di sotto della stima contenuta nella Nota di aggiornamento. L’anno dopo il risparmio sarebbe di 3,6 miliardi e nel 2019, ultimo anno dello scenario di previsione del Def, la spesa si attesterebbe a 279,4 miliardi, oltre tre al di sotto della previsione dello scorso settembre. Il risparmio è di circa 3 miliardi l’anno anche in rapporto al successivo quadro programmatico che include gli effetti della legge di Stabilità.

In questo contesto di rivalutazione azzerata o prossima allo zero passa un po’ in secondo piano, almeno nell’immediato, il meccanismo di taglio della perequazione in vigore tra il 2014 e il 2016, che il governo Renzi ha confermato anche per il prossimo biennio: prevede una adeguamento pieno fino a tre volte il minimo Inps, al 95 per cento tra tre e quattro volte, al 75 tra quattro e cinque volte, al 50 tra cinque e sei e al 45 per cento oltre le sei volte il minimo.
Se la previdenza è meno costosa per lo Stato, lo stesso non si può dire per la sanità. Sempre con il Def il governo ha preso atto a consuntivo di una maggiore spesa nel 2015 rispetto alle stime: 1,1 miliardi in più in larga parti dovuti all’incremento della spesa farmaceutica, che dipende tra l’altro dall’immissione in commercio di costosi farmaci innovativi tra cui quelli per la cura dell’epatite C. L’aumento del livello tendenziale di spesa prosegue negli anni successivi: per il 2016 sono attese uscite complessive per 113,4 miliardi. Lo stesso livello previsto nel settembre scorso: peccato che nel frattempo sia stata definita, in legge di Stabilità, una manovra correttiva di 1,8 miliardi che di fatto è stata completamente assorbita dai maggiori costi.
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