Favori e vendette, gli affari del “Capro” con i boss romani

Favori e vendette, gli affari del “Capro” con i boss romani
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Mercoledì 10 Settembre 2014, 05:45
IL FOCUS
Il “Capro”, come lo chiamavano i camerati negli anni Settanta, l'hanno arrestato in Prati, una delle zone indubbiamente controllate da quelli che in Questura chiamano “i boss di Roma Nord”. Si sentiva sicuro nel grande quadrilatero che da Tor di Quinto si allarga alla Balduina e ai Parioli fino ad arrivare al fiume Tevere. E' lo stesso quartiere in cui quattro anni fa freddarono Franco Simmi, figlio di uno dei “senatori” della Banda della Magliana, vittima di uno strascico mai chiarito della guerra tra bande che ancora insanguina Roma. Una guerra nuova che vede protagonisti personaggi di ieri, che riemergono dalle pagine buie dell'estremismo nero, delle contiguità con la banda della Magliana e dei legami vecchi e nuovi con mafia e 'ndrangheta. Una criminalità organizzata alla quale, come dimostra l'arresto di ieri, Egidio Giuliani è sempre rimasto legato, pronto a rispondere alla prima chiamata. Come quella ricevuta nel giugno scorso, per rapire e costringere Silvio Fanella a rivelare dov'era nascosto il tesoro di Gennaro Mokbel. Resta da capire a chi abbia risposto Giuliani. E la zona in cui è stato arrestato ieri fornisce forse più di un indizio sulla pista da seguire.
PATTO DI SANGUE
Un “patto di sangue”, quello tra Giuliani e gli ex terroristi neri di Roma. Lui, ex brigatista Nar, diventato indispensabile anche per gli eversivi di sinistra, a partire dalle Brigate rosse. Perché era l'unico a Roma a saper fabbricare documenti falsi perfetti, merce rara all'epoca per chi doveva coprire l'identità dopo avere messo a segno rapine e attentati e non poteva accontentarsi di documenti malfatti, quelli adoperati per piccole truffe. Avevano bisogno di esemplari clonati alla perfezione. E nella Capitale il professionista del settore era Egidio Giuliani.
Giuliani aiutava tutti: il Movimento rivoluzionario popolare, Costruiamo l'azione di Sergio Calore che vantava legami consolidati con la Banda della Magliana e la P2 di Licio Gelli. Ma anche i Fascisti proletari che in quegli anni avevano in mano il quartiere Prati, quello della fine, dell'arresto di ieri. Un'attività florida per cui Giuliani aveva già organizzato nel 1978, un furto di migliaia di documenti alla sede della Motorizzazione civile. E nell'autunno '79 insieme a un altro ex Nar, Gilberto Cavallini, all'epoca latitante, organizza un sequestro che per modalità di esecuzione è simile a quello tentato contro Fanella. A farne le spese all'epoca è un grossista di preziosi libico, Mordechai Fadlum, segregato in casa con la famiglia. Quella volta il gruppo - quasi tutti ex terroristi - riuscì a portare via oltre 4 miliardi tra oro e gioielli, che la banda piazzò poi in un giro dei malavitosi veneti. Altro segnale che i legami con il mondo della criminalità ci sono sempre stati. E con la sua quota, circa un miliardo, Giuliani riuscì a rafforzare la struttura logistica del suo business di documenti falsi: acquistando prima una macchina stampante offset e fondando poi un'agenzia pubblicitaria di facciata per dare copertura all'attività criminale clandestina.
LA VENDETTA
Un legame talmente forte, quello tra il Capro e i gruppi terroristi della Capitale, che quando un capitano della Digos, Francesco Straullu, provò a frequentare la donna di Giuliani, i Nar di Mambro e Fioravanti non ci misero molto a trucidare l'ufficiale di polizia per fare un favore al vecchio sodale nero.
I RAPPORTI
E Giuliani sa sempre come ricambiare: qualche anno dopo in carcere a Novara sferra una coltellata a Franco Freda, per permettergli di uscire dal penitenziario e sottrarsi a un'imboscata tesa da Fioravanti e Angelo Izzo per punire la sua collaborazione su piazza Fontana. Giuliani è solo un intermediario. L'ordine è arrivato da Roma. E lui, ancora una volta, risponde presente.
Gli investigatori sono ancora a caccia dei mandanti del sequestro del cassiere di Mokbel. Ma sullo sfondo resta l'intreccio di affari e interessi tra i boss della criminalità organizzata e i reduci del terrorismo di destra. Un filo rosso che collega Giuliani, Mokbel, Massimo Carminati, «l'ultimo Re di Roma», come lo chiamano i suoi, quello che fu l'anello di congiunzione tra i Nar e la Banda della Magliana, e che proprio con Mokbel strinse affari e riuscì a far eleggere al Senato Nicola Di Girolamo, oggi detenuto ai domiciliari. Una storia lunga 40 anni di cui l'omicidio Fanella è solo l'ultimo capitolo.
Lorenzo De Cicco
lorenzo.decicco@ilmessaggero.it
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