SACILE - A 17 anni sognava di trascorrere un anno di studio all’estero, affinando la conoscenza dello spagnolo. La meta che Marta, nome di fantasia, aveva scelto, era perfetta, un paradiso tropicale di nome Panama. La realtà, invece, pessima: alloggi sudici, servizi igienici indecenti e zero senso di ospitalità. Più che un’esperienza di crescita, per la 17enne sacilese è stata un’esperienza di sopravvivenza nella Panama degli orrori.
Esperienza da incubo a Panama, com'è andata
«Abbiamo pagato 15 mila euro appoggiandoci a una nota Onlus toscana che ci aveva garantito che nostra figlia sarebbe stata al sicuro, ospitata per un anno da una famiglia per bene, invece per lei è stato un vero incubo» racconta la madre.
Colpi alla porta in piena notte
Qui la 17enne, che già fatica a dormire per la presenza «di ogni genere di animale» entra nel terrore quando qualcuno le bussa alla porta in piena notte. Non apre e il giorno dopo si sente dire che «si tratta delle streghe della foresta». Il carico di superstizioni locali si fa più pressante quando è costretta alle docce gelate perché: «L’acqua calda è pericolosa per la pelle». Marta si trova in una zona collinare, tutt’altro che calda e l’acqua fredda la convince ad andarsene. Venti giorni erano abbastanza. La Onlus le trova un’altra sistemazione provvisoria, questa volta a Panama City, dove però non l’accompagna nessuno. Sembra per un’incomprensione tra volontari. “Nove ore di bus, trovandosi da sola a David, la seconda città del paese, dove riesce a comprarsi il biglietto per la capitale». La nuova famiglia ospitante è una coppia con cinque figli e un nonno. Le offrono solo un pasto al giorno, consumato sempre da sola. A scuola qualcuno se ne accorge, al punto che «un’insegnante spesso le portava da mangiare». Quando la famiglia parte per una breve vacanza lasciandola sola con il nonno e un 16enne capisce che anche quell’esperienza deve avere una fine. È passato ormai un mese e mezzo.
L'ultima chance per la sopravvivenza
La Onlus toscana propone allora una terza soluzione: la sistemazione da una signora che non conosceva la privacy. «Pretendeva, per la sua sicurezza, che la porta fosse sempre aperta, anche quando Marta andava in bagno». Dopo dieci giorni la disavventura della sacilese si conclude con uno sbrigativo rientro a casa. «L’unica nota positiva sono state le due scuole che ha frequentato, entrambe perfettamente in linea con le aspettative, dove si è trovata bene e ha stretto amicizie» aggiunge la madre. La famiglia di Marta ha poi saputo che altre quattro ragazze, due canadesi e due italiane, se ne sono andate anzitempo. Ha resistito solo una giovane polacca. «Alla Onlus toscana tanto reclamizzata anche nelle nostre scuole abbiamo deciso di chiedere un risarcimento per la pessima situazione vissuta da nostra figlia» continua la madre, «ma soprattutto vogliamo che non succeda la stessa cosa ad altri giovani. Non c’è affatto la promessa selezione degli ospitanti da parte dell’organizzazione italiana». La famiglia sacilese si è affidata a un avvocato, dopo il fallito tentativo di arrivare a un accordo stragiudiziale.