«Anche se temporalmente vicini, non c’è alcuna relazione tra il terremoto avvenuto in Marocco e gli eventi registrati negli ultimi giorni in Italia, prima ai Campi Flegrei e poi ad Ancona». A mettere subito in chiaro la mancanza di legami tra questi eventi sismici così distanti è Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). L’ente italiano si è subito messo in moto per raccogliere informazioni su quanto avvenuto e continuerà a monitorare la situazione nei prossimi giorni.
Il terremoto che si è verificato in Marocco è stato molto forte. Vi ha sorpreso?
«È stato un sisma abbastanza intenso, simile a quello avvenuto in Italia, in Irpinia, nel 1980.
Ci sono precedenti?
«Un evento simile è avvenuto nel 1960 ad Agadir, le vittime furono 15mila e la magnitudo 5,8. Questo ci suggerisce che a determinare il numero dei morti e dei feriti non è tanto l’intensità del terremoto ma la resilienza degli edifici. Quando ci troviamo dinanzi a strutture vulnerabili, il bilancio delle vittime purtroppo cresce».
Ora che succede?
«Non abbiamo la palla di vetro, non possiamo fare previsioni. Verosimilmente ci aspettiamo delle scosse di assestamento, ma non possiamo escludere nuovi terremoti forti quanto o più di questo. Ne sapremo di più fra qualche giorno quando avremo a disposizione anche i dati satellitari».
Ci sono difficoltà nel reperire i dati dal Marocco?
«Purtroppo sì. La quantità di sismografi in Marocco non è adeguata: mancano strutture e un finanziamento adeguato. Certo, si può sempre fare di più. Basta pensare che in Italia abbiamo 450 stazioni sismiche, mentre in Giappone ce ne sono 5mila. Si può e si deve fare di più. Purtroppo ce ne rendiamo conto solo davanti tragedie come questa».
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