India in festa per i 150 anni della nascita di Gandhi, ma è lite per l'eredità politica del Mahatma

India in festa per i 150 anni della nascita di Gandhi, ma è lite per l'eredità politica del Mahatma
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Mercoledì 2 Ottobre 2019, 20:54

In questi giorni  lo si trova dovunque, in India, un'icona onnipresente, la sua figura sottile, un uomo avvolto in un telo tessuto da lui stesso, con gli occhialetti cerchiati di metallo e l'immancabile bastone. E poi celebrazioni, eventi, spettacoli teatrali e pubblicazioni: l'India ricorda così i 150 anni della nascita del Mahatma Gandhi anche se mai come in questo ultimo periodo il Paese asiatico si mostra lontano dal suo messaggio della non violenza e dell'unità nazionale. L'India infatti è segnato «da inimmaginabili atti di violenza, contro i bambini, le donne, i più umili, dall'odio crescente verso le religioni diverse dall'induimo, e dal disprezzo dei diritti e delle minoranze» come denunciato in un convegno a New Delhi dai leader dei principali movimenti nonviolenti del Paese, convocati dall'ambientalista Vamdana Shiva.
 

 

Il messaggio di Gandhi, scrivono i commentatori, è, politicamente parlando, una coperta che si può tirare da tutte le parti e che il premier Modi e il Bjp stanno utilizzando a man bassa, nel tentativo di iscrivere gli insegnamenti del Mahatma nel patrimonio del suo partito. Oggi per esempio si è svolta  la Gandhi Sankalp Yatra, l'iniziativa lanciata dal Bjp: il partito ha invitato tutti gli aderenti a partecipare, camminando per dieci chilometri ogni giorno, per almeno due settimane. Ma tutti ricordano che la scorsa primavera Pragya Singh Thakur, candidata del Bjp alle elezioni parlamentari ha osato definire Jodsee, l'assassino di Gandhi, un patriota; espulsa dal partito, ma non dalla competizione, Pragya ha dato voce a un'opinione serpeggiante tra molti induisti: Bapu Gandhi dopo tutto, non era un vero indu, lui che predicava la convivenza di tutte le fedi e che si oppose alla creazione di due stati sulla base dell'appartenenza religiosa: lui che, dopo la spartizione dell'India e del Pakistan, preferì mettersi in un angolo, in nome della sconfitta delle sue idee.

Nella gara per rivendicare il Dna gandhiano, anche il partito del Congresso è stato in marcia con Sonia Gandhi, un'adesione eccezionale. Dna solo politico, ovviamente, perché non c'è alcuna parentela diretta tra i Gandhi oggi alla guida del partito del Congresso, e «Bapu»: Indira Gandhi, che ha preso il cognome dal marito, era infatti figlia di Jalarandr Nehru.

Gandhi nel 2019 è  ormai una icona che qualcuno mette in discussione: come hanno sempre fatto gli «intoccabili» che lo accusano di non avere detto parole definitive sull'abolizione delle caste e della loro misera condizione. Gandhi avrebbe voluto chiamarli «harijan, figli di Dio», ma loro preferirono il nome Dalit, «gli spezzati, gli esclusi», e affidarono le speranze a al Dottor Ambedkar, primo intoccabile a raggiungere un'istruzione superiore e tra gli estensori della Costituzione indiana: lo ricorda la scrittrice Arundhati Roy nel suo recente saggio «The Doctor and the Saint».

Ma quella figura onnipresente è sempre più muta: il bisnipote del Mahatma, Rajmohan Gandhi ha ricordato che «la più vera caratteristica del nonno fu il suo atteggiamento nei confronti del dissenso e degli oppositori: arrivavano anche a scontri durissimi, ma sempre nel rispetto e nel confronto: il contrario di ciò che accade oggi in India, dove l'oppositore viene messo a tacere, e il dissenso imbavagliato». 

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