Brexit, via libera all'accordo con l'Ue. ​Johnson: «Nuove relazioni con gli Stati». Ora il problema è a Londra

Brexit, via libera all'accordo con l'Ue. Johnson: «Riprendiamo il controllo». Resta il no degli unionisti irlandesi
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Giovedì 17 Ottobre 2019, 11:42 - Ultimo aggiornamento: 18 Ottobre, 07:23

Facce sorridenti e sospiri di sollievo a Bruxelles, dove i 27 leader dell'Ue hanno dato il loro endorsement all'intesa sulla Brexit raggiunta dopo una trattativa fiume conclusasi solo a ridosso del vertice. «Un intenso e lungo lavoro», ha spiegato il capo negoziatore della Ue Michel Barnier, per un «grande nuovo deal», come lo ha salutato Boris Johnson, ormai ad un passo dalla sua grande vittoria politica. Se infatti Westminster sabato darà l'ok all'accordo raggiunto tra l'Unione europea ed il Regno Unito, il divorzio consensuale avverrà nei tempi previsti: il 31 ottobre.
 


Brexit, il Dup dice no all'accordo: «Non possiamo accettare proposta Johnson»
 



 È la promessa di Bruxelles, dove dopo il benestare del premier irlandese Leo Varadkar («è un buon accordo»), il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker si è rifiutato di voler parlare di nuove proroghe, e anche il capo del Parlamento europeo David Sassoli si è impegnato ad avviare il percorso per la ratifica nei tempi previsti. Ma proprio le forche caudine del Parlamento britannico, che si riunisce nel fine settimana per la prima volta dai tempi dell'invasione delle Falkland, restano l'incognita più grande.
  Un test che Theresa May non è riuscita a superare per ben tre volte.
Con i 27 partner che gli hanno rivolto numerose domande sulle possibilità della riuscita dell'accordo in aula, BoJo ha ostentato una certa sicurezza: «Sono fiducioso che i miei colleghi in Parlamento quando esamineranno questo testo lo voteranno». Ma la «prudenza» a cui hanno richiamato il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel è d'obbligo. 

 
 

​Al premier servono 320 voti e, dato che il suo Governo non ha la maggioranza, deve poter contare sui parlamentari indipendenti e di altri partiti. Anche se sulla scia di questo nuovo slancio Johnson sembra aver rimesso insieme i cocci del partito Tory, riportando nella sua orbita i 21 conservatori schierati contro un'uscita dalla Ue senza accordo, i numeri sono stretti, ed il pollice verso annunciato dagli unionisti nordirlandesi del Dup, una delle gambe su cui si regge il governo conservatore, non è di buon auspicio. Nonostante l'inviso backstop (il sistema individuato dal vecchio accordo con May per evitare il ritorno di una frontiera fisica tra le due Irlande) sia stato sostituito con «soluzioni alternative», le «riserve» degli unionisti sono rimaste. Secondo il nuovo accordo, l'Irlanda del Nord sarà allineata ad una serie limitata di regole del mercato unico e resterà parte del territorio doganale britannico. Inoltre l'Ulster avrà la possibilità di decidere sull'applicazione di lungo termine delle regole Ue. 



Ma il Dup continua a non digerire le previsioni sull'assetto doganale e non manda giù nemmeno il meccanismo decisionale sul futuro ('consent'), molto annacquato rispetto alla sorta di veto immaginata in un primo tempo. A dichiarare guerra all'accordo di Johnson è stato anche il leader laburista Jeremy Corbyn, che si è detto pronto ad affossare l'intesa, e deciso a ridare la parola al popolo. Ma il premier britannico spera di scampare il pericolo facendo votare una mozione in cui chiede ai deputati di votare «o per il deal» raggiunto o per «un no deal». In molti a quel punto potrebbero cedere, per non essere responsabili di una Brexit traumatica, che costerebbe al Paese incalcolabili danni economici e la perdita di migliaia di posti di lavoro. I mercati però non si fidano mentre a Bruxelles si spera lasciando la porta aperta per una nuova eventuale estensione.

«Ora la palla è nel campo del Regno Unito. Non so quale sarà il risultato, però se vi sarà una richiesta per una proroga consulterò i paesi membri per vedere come reagire», ha detto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, ammettendo la sua tristezza, perché nel cuore resterà sempre un 'remainer'. Quasi le stesse parole usate da Juncker: «Devo dire che sono felice per questo accordo, ma che sono triste per la Brexit», ha ammesso il capo dell'esecutivo europeo. Ultimo capitolo quello di Gibilterra. La Spagna, hanno chiarito fonti di Madrid, continuerà ad avere il diritto di veto nelle trattative tra Ue e Regno Unito sulla Rocca, esattamente come nella precedente intesa sottoscritta a novembre 2018.

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