Ubaldo Galati, l'ex sindaco con la pensione pignorata: «Una storia di 30 anni fa e mia moglie ha l'Alzheimer»

Una storia di espropri a Monterosso Calabro, in Calabria

Ubaldo Galati, l'ex sindaco con la pensione pignorata: «Una storia di 30 anni fa e mia moglie ha l'Alzheimer»
di Karen Leonardi
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Giovedì 12 Ottobre 2023, 11:02 - Ultimo aggiornamento: 12:08

Ha governato per cinque mandati, 25 anni, il suo minuscolo paese della Calabria e ora, ad 83 anni, dopo una carriera da dirigente delle finanze, la sua vita da pensionato, divisa tra la cura delle moglie malata di Alzheimer e i nipoti, rischia di crollare sotto il peso di una bega amministrativa che arriva da trent'anni fa: la pensione decurtata di due quinti perché la Corte dei Conti lo ha condannato a pagare 100 mila euro per una questione legata alla procedura degli espropri. Siamo a Monterosso Calabro, poco più di 1.500 anime annidate su collina tra i monti delle Serre e il mare di Pizzo, e Domenico Ubaldo Galati punta il dito su un caso di “malagiustizia” intollerabile, chiede clemenza rivolgendosi al Presidente della Repubblica e a tutte le istituzioni: «Ho la pensione pignorata, risorse che sottraggo alle cure di mia moglie. Perché? Non ho rubato, non ho danneggiato alcuno, ho servito per 25 anni il mio paese, ho gestito nel modo più corretto la cosa pubblica, ho amato la mia terra».

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Ma ha anche un monito: «Ai tanti amministratori onesti che continuano a stare in trincea nei piccoli comuni io dico state attenti perché non sapete cosa vi può capitare anche dopo decine di anni dalla fine del mandato».

Ha scritto ma ha anche lanciato un accorato appello sui social. Ma cosa è capitato? «Negli anni 80 – spiega Galati - i progetti esecutivi delle opere pubbliche prevedevano un’indennità d’esproprio per pubblica utilità commisurata al valore agricolo dei terreni e pertanto priva d’interesse. Con la sentenza della Corte Costituzionale n. 5/80 sono stati cancellati gli indirizzi di valutazione esistenti e si è passato al criterio di calcolo dell’indennità commisurata al valore di mercato delle aree edificabili e pertanto molto appetibile. Solo con legge 399/92 la materia è stata disciplinata secondo i nuovi indirizzi. Nelle more sono intervenute diverse proroghe legislative dei termini per il completamento delle procedure espropriative fino al 1994, e chiaramente per consentire possibili componimenti bonari. La modifica, il vuoto legislativo, le contraddizioni che ne sono discese hanno prodotto effetti gravosi per le finanze locali e difficoltà di varia natura per gli amministratori. Venuti meno parametri e criteri di calcolo dell’indennità (nel periodo di naturale sospensione generale delle procedure) gli amministratori hanno tentato componimenti bonari delle vertenze, interrotti però per le pretese esagerate dei proprietari».

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Una questione che si annida, insomma, in una legislazione traballante. A Monterosso, aggiunge l'ex sindaco, «su oltre 150 espropri e connesse occupazioni d’urgenza solo due proprietari hanno reclamato le indennità, i grandi proprietari terrieri: hanno instaurato vertenze giudiziarie, ottenendo sentenze che hanno messo nei guai gli amministratori e in grossissima difficoltà la stessa amministrazione». Perché, invece, «in quel periodo vi era una grande necessità di realizzare infrastrutture soprattutto nel campo dell’agricoltura, delle opere pubbliche, di strade comunali e interpoderali. Di solito gli interventi partivano dalle sollecitazioni dei cittadini, dei giovani e degli agricoltori, proprietari molto interessati a garantirsi utili servizi, spesso senza pretendere alcuna indennità, (almeno i piccoli proprietari), sia per l’esiguità del rimborso, sia perché si ritenevano i veri beneficiari delle opere realizzate». 

Quelle sentenze che ora, diventate definitive, si sono abbattute sulla vita di un ottantatreenne e della sua famiglia con conseguenze disastrose. Il Comune di Monterosso Calabro è stato, infatti, condannato a corrispondere l’indennità principale di lire 382.996.000 poi ridotta in Appello a 229.000.000 e la magistratura contabile ha aperto un giudizio di responsabilità nei confronti di Galati. «Mi chiedo - conclude – quale colpa grave sia stata ravvisata nel non aver completato una procedura espropriativa che, nel detto contesto, era impossibile comunque portare avanti».

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