Quell'ordine dato in ritardo: «Il Trivulzio è reparto Covid, separare i positivi dagli altri»

Quell'ordine dato in ritardo: «Il Trivulzio è reparto Covid separare i positivi dagli altri»
di Claudia Guasco
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Mercoledì 22 Aprile 2020, 10:39 - Ultimo aggiornamento: 11:11

MILANO Il 18 aprile la direzione generale del Pio Albergo Trivulzio dirama il «bollettino interno n.19», riservato ai dipendenti. Nel quale ammette che lavorare alla Baggina è come stare in un ospedale per i contagiati dal virus. Ma senza le stesse precauzioni. «Sulla base delle nuove Indicazioni di Regione Lombardia per un utilizzo delle protezioni per infezione da Sars-Cov-2 e del Protocollo del 18/03/2020 Iss Covid-19 n.2/2020, si ritiene che lo scenario espositivo degli operatori sanitari in struttura socio-sanitaria residenziale si assimilabile a quello delle Unità operative Covid-19 a bassa intensità di cura», si legge.

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IL VIRUS NEI PADIGLIONI
A un mese esatto di distanza la direzione generale recepisce la direttiva, riconosce che il Trivulzio è diventato un gigantesco reparto di Covid positivi e prende le contromisure. Cioè distribuisce camici, cuffie e mascherine Ffp2 e Ffp3, esegue i tamponi e comincia a separare gli ospiti positivi dai negativi. La direttiva è firmata dalla responsabile dell'Unità di coordinamento aziendale gestione dell'emergenza coronavirus, Rossella Velleca, dal direttore sanitario Pierluigi Rossi e dal direttore generale Giuseppe Calicchio, indagato per epidemia colposa e omicidio colposo.

Con 200 decessi di anziani da metà marzo, nessuno ufficialmente a causa del virus, e «221 operatori sanitari su 1.500 dipendenti» a casa «con sintomatologia febbrile e respiratoria», solo «dal 13 aprile tutte le sezioni» della Baggina «sono munite di dispositivi di protezione individuale completi», mentre il 16 aprile la struttura ha ritirato dal Policlinico di Milano «1.000 tamponi che serviranno per testare la positività di ospiti, pazienti e personale dell'istituto». Alla data del bollettino, quattro giorni fa, su tredici padiglioni soltanto in uno, il Grossono, non vengono segnalati casi sospetti.

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Nel resto della struttura il virus dilaga, come riporta il documento: al Principessa Jolanda 26 pazienti in osservazione e due con febbre, al Pio XI 19 in osservazione di cui due con febbre e 10 con polmonite, al Fornari 60 degenti in osservazione, quattro critici e tre in gravi condizioni, al San Carlo cinque in osservazione e una criticità, al Bezzi 24 anziani monitorati, undici con polmonite e quattro critici, al Ronzoni dieci polmoniti, al Piatti dieci in osservazione e cinque con polmonite. Il 17 aprile, arrivato il responso non confortante di alcuni tamponi, la direzione mette mano alla riorganizzazione dei reparti. Scrivono i vertici del Trivulzio nel documento interno: «Giunti i primi 30 esiti, in serata è stato predisposto il primo reparto no-covid presso l'hospice. La sezione Sant'Andrea ospita invece un'altra ala Covid positivi e un'ala sanificata con camere singole di osservazione per pazienti Covid negativi ma con quadro clinico sospetto. Tutti i familiari sono stati contattati e informati».

PAZIENTI SPOSTATI
Così, a oltre un mese dalla delibera regionale dell'8 marzo che apriva le porte delle Rsa ai pazienti Covid a bassa intensità, il Pio Albergo si attrezza per affrontare l'epidemia. Il bollettino fornisce le linee guida, ma nella realtà resta tutto sulla carta perché i degenti, affermano gli operatori sanitari, continuano a essere spostati da un reparto all'altro. Venerdì viene chiuso il pringe, pronto intervento geriatrico, e i pazienti positivi sono collocati nell'hospice. «Lunedì sera mi telefona un collega e mi chiede: Come si spengono le luci dell'hospice?. Scopro così che i pazienti sono stati spostati in Santa Caterina, area riabilitativa chiusa venti giorni fa». Ma nel frattempo, riferisce l'operatrice sanitaria, «apprendiamo che tre pazienti del Sant'Andrea messi insieme a quelli sani del pringe sono risultati positivi al secondo tampone». Ora a preoccupare i dipendenti è la chiusura dei reparti riservati ai malati di Alzheimer e Parkinson, sbarrati per mancanza di personale: «Non sappiamo che fine abbiano fatto gli ospiti, probabilmente li hanno divisi esponendoli a un rischio mortale».

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