La sera dell'11 dicembre 2006 i vigili del fuoco accorrono per spegnere un incendio in un appartamento in via Diaz, a Erba. Quando entrano si trovano davanti a quattro cadaveri e un ferito grave, Mario Frigerio, 65 anni. Avevano provato a sgozzarlo, ma chi l'ha colpito non poteva sapere della sua malformazione congenita alla carotide: l'aorta non venne recisa e lui si salvò, diventando testimone oculare della strage e principale accusatore di Rosa Bazzi e Olindo Romano. Del quale, riferendo in aula e guardandolo dritto negli occhi, dirà: «Ha puntato il coltello alla mia gola, ha infierito, era una belva».
Strage di Erba, prove inedite
Ora il racconto di Frigerio, ritenuto nei tre gradi di giudizio tra le granitiche prove di condanna dei due coniugi all'ergastolo, insieme a nuove testimonianze è uno dei grimaldelli delle richieste di revisione del processo per il massacro di Raffaella Castagna, del figlio di due anni Youssef, della madre Paola Galli e della vicina Valeria Cherubini.
Nuovi testimoni
Per i giudici della Cassazione che a maggio 2011 hanno confermato l'ergastolo, tuttavia, la verità processuale non ha ombre. C'è il movente della strage, «un meccanismo reattivo generato da sentimento di odio, grettezza, individualismo covati per lungo tempo», quanto alle coercizioni su Rosa e Olindo «non può essere ritenuto che sia stata operata pressione psicologica tale da limitare la libertà di autodeterminazione». Eloquenti vengono poi definiti i gesti con i quali Rosa Bazzi ha ricostruito il delitto di Youssef: «La mimica dei colpi inferti al bimbo urlante è molto più efficace delle parole». Infine nessun dubbio sull'attendibilità di Mario Frigerio: «Ha spiegato le sue difficoltà non tanto nel fare affiorare il ricordo offuscato dal trauma, quanto alla sua incredulità che a colpire fosse stato il Romano, suo vicino di casa che riteneva persona per bene». Ma per gli avvocati i colpevoli vanno cercati altrove, la pista da seguire è quella dello spaccio di droga e di una vendetta tra faide con un testimone «mai sentito all'epoca dei fatti: è un uomo del gruppo dei fratelli di Azouz che risiedeva nella casa della strage, poi arrestato per traffico internazionale di stupefacenti». L'altro teste inedito è «un ex carabiniere che riferisce del 50% mancante delle intercettazioni». Adesso Rosa e Olindo, che dal carcere si proclamano innocenti, sperano, mentre per Pietro e Giuseppe Castagna, che nella massacro persero mamma, sorella e nipote, è un dolore che si rinnova. «Per noi la verità è una sola - dicono - Speravamo fosse finita, invece ci risiamo. La loro condanna sta diventando la nostra condanna».