Samira Sabzian, l’Iran si prepara all’ennesimo orrore: oggi l’esecuzione della sposa bambina. Chi è

La donna, ora quasi trentenne, era stata costretta a convolare a nozze ad appena 15 anni, quattro anni dopo, nel 2013, vittima anche di violenze domestiche, aveva assassinato il marito

Samira Sabzian, l’Iran si prepara all’ennesimo orrore: oggi l’esecuzione della sposa bambina. Chi è
di Raffaella Troili
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Martedì 19 Dicembre 2023, 21:29 - Ultimo aggiornamento: 20 Dicembre, 00:53

Oggi dovrebbe morire, impiccata. Samira Sabzian, la “sposa bambina” in carcere in Iran da dieci anni e condannata alla pena capitale per aver ucciso il marito. La donna, ora quasi trentenne, era stata costretta a convolare a nozze ad appena 15 anni, quattro anni dopo, nel 2013, vittima anche di violenze domestiche, aveva assassinato il marito. La sua esecuzione, inizialmente prevista per il 13 dicembre, è stata rimandata di alcuni giorni e avverrà nel carcere di Qarchak, in provincia di Teheran. «A questo punto soltanto una forte reazione internazionale può salvare la sua vita», ha scritto su X Mahmood Amiry-Moghaddam, il direttore della Ong Iran human rights che ha sede in Norvegia. «Lanciamo un appello a tutti i Paesi che hanno relazioni diplomatiche con la Repubblica islamica per chiedere di fermare l’esecuzione della pena capitare di Samira prima che sia troppo tardi». Secondo il codice penale degli ayatollah, che si basa sulla legge islamica, chiunque sia colpevole di omicidio volontario è automaticamente condannato alla pena di morte, indipendentemente dalle sue motivazioni o dalle condizioni in cui è maturato il proposito di compiere il delitto. La famiglia della vittima ha l’autorità di decidere se proseguire con questa punizione o se concedere la grazia all’omicida e chiedere un compenso pecuniario. Non sono mai state chiarite del tutto le circostanze che hanno portato Samira ad uccidere il marito, con cui viveva a Varamin, nella provincia di Teheran. Secondo il giornale filo-governativo Rakna, ha cospirato con la sorella minore Sara per avvelenare l’uomo. Il media ha definito le due donne “malvage”, mentre l’Ong Iran human rights ha dichiarato che «Samira, come tante altre donne nel braccio della morte, è vittima del sistema di apartheid di genere della Repubblica islamica. Picchiata e mandata in coma perché senza velo». Per la prima volta dal giorno della sua incarcerazione, la donna ha potuto incontrare i figli nella settimana precedente all’esecuzione. Le era stato impedito di vederli in modo da “ammorbidire” i genitori del marito, con cui i piccoli sono cresciuti, nella speranza che cambiassero idea sulla condanna a morte. I nonni, però, hanno scelto di proseguire con la pena capitale. Stando a quanto riportato dall’agenzia stampa Hrana, Samira soffre di gravissimi problemi di salute. Pare non sia più in grado di parlare e che sia stata portata nell’aula con una sedia a rotelle. Non è ancora chiaro se si tratti di una malattia o delle conseguenze di maltrattamenti in carcere. Per il codice penale islamico gli accusati di “omicidio intenzionale” sono sottoposti alla qisas, indipendentemente dalle intenzioni o dalle circostanze in cui l’uccisione è avvenuta, i parenti della vittima possono scegliere tra tre possibilità: richiedere l’effettiva esecuzione del condannato, il dieh (ottenere una somma denaro in cambio del sangue versato) o concedere il perdono. In questo caso i nonni dei figli di Samira hanno chiesto che venisse impiccata. Sperando nel perdono dei familiari del marito, Samira aveva rinunciato a vedere i due figli di 17 e 10 anni per tutti i dieci anni della sua detenzione nel braccio della morte. Invano. La famiglia del marito ha chiesto che la pena di morte venga eseguita.

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I NUMERI

Almeno 17 donne sono state giustiziate nel 2023 in Iran, delle esecuzioni si sa poco, nessuna è stata riportata da fonti ufficiali, 16 l’anno prima.

L’Iran registra il maggior numero di esecuzioni di donne nel mondo: almeno 204 dal 2010, la maggior parte condannate per aver ucciso il marito. Molte per molto meno. Era il 16 settembre 2022 quando Mahsa Amini, giovane iraniana di origine curda, moriva in ospedale a causa di un’emorragia cerebrale. Tre giorni prima era stata arrestata a Teheran per aver indossato male l’hijab, sarebbe stata picchiata dalla polizia morale e battuto la testa per le percosse. Quanto alla “sposa bambina” è in isolamento nel braccio della morte di Qarchak, l’impiccagione era prevista il 13 dicembre ma le autorità iraniane, dopo le pressioni internazionali, hanno rinviato l’esecuzione di una settimana. Ma i 7 giorni sono scaduti.

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