Incidente Mestre, si fermano a mangiare la pizza e perdono il bus. Coppia sotto choc: «Salvi per due minuti»

La storia di due trentenni di Colonia in vacanza con la figlia di 1 anno

Incidente Mestre, si fermano a mangiare la pizza e perdono il bus: «Salvi per due minuti»
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Giovedì 5 Ottobre 2023, 14:35 - Ultimo aggiornamento: 15:31

Due minuti, 120 secondi in cui succede una cosa sola, rilevantissima: sopravvivere all'incidente mortale a Mestre. C'è una coppia di tedeschi che per due minuti ha mancato quella corsa maledetta. E si è salvata. 

Coppia di tedeschi perde l'autobus e si salva

Loro mettono in fila i minuti, le frasi, la catena di gesti e di comportamenti che li ha miracolati. Questa è la storia di una coppia di trentenni di Colonia, Ferhat ed Emine, che era in vacanza a Venezia con la piccola Zara di appena 1 anno. Quella sera i due hanno litigato, si sono fermati a mangiare una pizza e hanno perso l'autobus. Anche se hanno provato in tutti i modi a prenderlo. Basti pensare che a un certo punto hanno cercato di telefonare al campeggio Hu a Marghera per avvertire l'autista del bus Alberto Rizzotto di aspettarli. Anche in quella circostanza sono riusciti, inconsapevolmente, ad allontanare la morte di un millimetro perché hanno sbagliato numero e non si sono mai messi in contatto con il campeggio per chiedere di attendere il loro arrivo prima della partenza.Il bus è partito senza di loro. E loro sono scampati alla morte. 

Loro che volevano semplicemente rientrare dalla gita a Venezia in tempo per vedere la partita di Champions League Copenhagen-Bayern. «C'era la partita - ha raccontato Ferhat alla Bild -  Ma abbiamo saltato l'orario delle 19.30 di due minuti. Mi sono lamentato con mia moglie: "Faremo tardi per colpa tua e non potrò guardare la partita".

Poi abbiamo aspettato la corsa successiva alla stazione Marittima. Abbiamo atteso un'ora: 20.30, 35, 40, il bus ancora non c'era. Altri hanno chiamato l'hotel e hanno detto che c'era stato un grosso incidente, ma ovviamente ancora non sapevamo che si trattava della nostra corriera».

Anche Emine ricostruisce quegli attimi: «Mentre aspettavamo, alle 19.32, diverse auto della polizia andavano in quella direzione. Ci chiedevamo perché non arrivasse l'autobus, avevamo con noi una bimba piccola e c'erano anche persone anziane che aspettavano lì. Poi è arrivata la notizia che c'era stato un incidente». Sono tornati all'alloggio a piedi camminando per quaranta minuti. Solo poco dopo, guardando il telegiornale, hanno collegato le notizie e hanno capito che quello precipitato era il bus che avrebbero dovuto prendere loro. Sopravvissuti. Lo status di sopravvissuti è arrivato così per Emine e Ferhat, con una specie di scossa terrificante e allo stesso tempo senza senso.  

Sono più di 72 ore che ripercorrono quei momenti, li ricompongono pazienti, pesano le parole che si sono detti, benedicono quel litigio e quell'attardarsi di soli due minuti che li ha tenuti in vita. 

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Spiega Emine quegli istanti comuni a tante coppie quando magari sopraggiunge la stanchezza durante una vacanza in cui la sera diventa faticoso persino decidere cosa fare o dove mangiare: «Non riuscivamo proprio a decidere dove volevamo mangiare. Siamo arrivati nel centro storico alle 19, ma non avevo voglia di portare il passeggino sui ponti più grandi. Alle 19.22 ho detto a mio marito: va bene, andiamo a mangiare in albergo».

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Aggiunge lui: «Volevo vedere la partita e volevo mangiare una vera pizza cotta nel forno a pietra qui in Italia. E ho notato che a Venezia non c'era. Ho pensato: che mangi qui o in hotel, è la stessa cosa. Ecco perché volevamo andare in hotel con il pullman delle 19.30. Ma lo abbiamo perso e forse è per questo che siamo ancora vivi adesso». Forse. Tutto è avvolto nell'incertezza perché è impossibile decifrare il senso di una banalissima corsa persa che diventa un colpo di fortuna clamoroso: un appuntamento mancato con la morte.

«Non siamo riusciti a dormire fino alle 2 del mattino quando ci siamo davvero resi conto di cos'era successo. Non abbiamo saputo fare altro che abbracciare nostra figlia», hanno detto al giornalista della Bild. E c'è da scommettere che continuino a chiedersi ancora perché.  

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