Imu alla Chiesa non incassata: il Campidoglio sotto inchiesta

Imu alla Chiesa non incassata: il Campidoglio sotto inchiesta
di di Michela Allegri e Franca Giansoldati
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Giovedì 23 Gennaio 2020, 11:24 - Ultimo aggiornamento: 16:19

Una promessa non mantenuta e, soprattutto, 200 milioni di euro sfumati. Ora, nella partita sul recupero dell'Imu non versata dalle strutture commerciali di proprietà della Chiesa, scende in campo anche la Corte di conti. E nel mirino dei magistrati finisce il Campidoglio. L'annuncio sbandierato nei comizi grillini durante la campagna elettorale che ha incoronato Virginia Raggi sindaca di Roma, rischia di trasformarsi in un boomerang per l'Amministrazione: il procuratore Andrea Lupi ha aperto un fascicolo ipotizzando un macroscopico danno erariale per le casse capitoline e, ora, i responsabili dei mancati controlli potrebbero dover pagare di tasca propria. Come prima cosa, i magistrati chiederanno chiarimenti direttamente al Campidoglio. Poi partiranno gli accertamenti di polizia giudiziaria.

L'OBIETTIVO
L'obiettivo - secondo una stima fatta nel 2016 di pentastellati - era recuperare circa 200 milioni di euro, appunto. Ma ora, dopo anni di lavoro, gli esperti del Campidoglio hanno issato bandiera bianca: gli immobili a cui chiedere l'imposta sarebbero «circa 10mila», si legge nelle carte che circolano all'Assessorato al Bilancio, ma la cifra è approssimativa e individuare con certezza i beni da tassare sembra impossibile. Questo nonostante il conteggio degli stabili di proprietà della Santa Sede sia stato effettuato direttamente dal Vaticano e nonostante a Palazzo Senatorio ci sia da tempo una lista di circa 300 strutture ricettive di enti e congregazioni religiose. Di queste, 233 risulterebbero non in regola con il pagamento delle imposte locali, da quelle sulla proprietà alla tariffa rifiuti: in questo caso il buco per le casse comunali sarebbe di circa 19 milioni di euro.
Per stilare l'elenco degli immobili i funzionari del Vaticano hanno lavorato più di un anno, andando a reperire dati catastali, classificando ogni informazione, facendo ordine all'interno del patrimonio della Santa Sede gestito dall'Apsa, l'ente al quale Papa Francesco ha affidato il compito di strutturare un prospetto a fini fiscali, contabili e di trasparenza. Il progetto, sin dall'inizio, è stato portato avanti da monsignor Nunzio Galantino che ha annunciato che il piano verrà presto reso noto e pubblicato. Una questione di chiarezza anche per dare risposte ai romani ma, prima ancora, ai fedeli. Qualche tempo fa Galantino, interpellato sulla vicenda, si era lasciato andare a una battuta: «L'Imu per gli immobili di proprietà del Vaticano la paga il mio dicastero. Nel 2018 soltanto l'Apsa ha pagato 9,2 milioni». L'Imu viene anche pagata da Propaganda Fide, dalla Conferenza episcopale italiana e dal Vicariato di Roma.

GLI ORDINI
Il problema riguarda soprattutto l'arcipelago frastagliato degli ordini religiosi. Migliaia di denominazioni con personalità giuridica propria, con una gestione autonoma e non sottoposta ad alcun controllo canonico dal punto di vista fiscale o patrimoniale da parte della Santa Sede o della Cei. Per avere un'idea del ginepraio basta prendere in mano l'Annuario Pontificio alla voce Istituti di vita consacrata e dare un'occhiata alla complessità di questo mondo racchiuso in quasi 300 pagine, suddivise a seconda del ramo maschile o femminile. Solo la famiglia delle francescane occupa 12 pagine fitte. Lo stesso vale per la carmelitane, le oblate, le suore del Preziosissimo sangue, della Provvidenza, le domenicane. Ognuna di queste realtà gode di personalità giuridica, ha un proprio patrimonio, spesso frutto di lasciti. Attualmente in tanti casi lo stato patrimoniale è quasi alla deriva perché diversi ordini per mancanza di vocazioni sopravvivono con poche religiose anziane.

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