Ilaria Salis, Salvini: «Condizioni di detenzione siano umani, ma gravi atti violenza contestati a una maestra». La Lega: «Nel 2017 assaltò nostro gazebo», ma una sentenza la smentisce

Le parole del vicepremier sull'insegnante sotto processo in Ungheria

Ilaria Salis, Salvini: «Condizioni di detenzione siano umani, ma gravi atti violenza contestati a una maestra». La Lega: «Nel 2017 assaltò nostro gazebo», ma una sentenza la smentisce
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Mercoledì 31 Gennaio 2024, 12:08 - Ultimo aggiornamento: 20:37

«È fondamentale chiedere condizioni di detenzione civili, umane e rispettose, e un giusto processo» per Ilaria Salis, l'insegnante detenuta in Ungheria da un anno in condizioni degradanti. «Spero che si dimostri innocente perché, qualora fosse ritenuta colpevole, atti di violenza imputabili a una insegnante elementare, che gestisce il presente e il futuro di bambini di 6-7-8 anni sarebbero assolutamente gravi». Lo dice il leader della Lega e vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, a Bruxelles a margine di un convegno nella sede del Parlamento Europeo.

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Ilaria Salis, le parole di Salvini e la sentenza che lo smentisce

«Il fatto che sia sotto processo anche in Italia per altri episodi di violenza e altre aggressioni - aggiunge - sicuramente è spiacevole, però le catene in un'aula di Tribunale sicuramente non si possono vedere.

Quindi bene fa il governo italiano a chiedere il rispetto dei diritti di colei che è presunta innocente, fino a prova contraria. Poi, da sinistra chi invoca l'indipendenza della magistratura in Italia, immagino che abbia lo stesso rispetto per le magistrature di altri Paesi europei».

All'obiezione che in Ungheria la pubblica accusa dipende dall'esecutivo, come in Francia, Salvini risponde: «Contiamo su un processo giusto e veloce, sperando nella sua innocenza. Se fosse dimostrata colpevole, ovviamente sarebbe incompatibile con l'insegnamento in una scuola elementare italiana», conclude.

 

Il caso del gazebo della Lega

«Le immagini di Ilaria Salis incatenata in Ungheria sono scioccanti.Il 18 febbraio 2017, a Monza, un gazebo della Lega veniva assaltato da decine di violenti dei centri sociali, e le due ragazze presenti attaccate con insulti e sputi da un nutrito gruppo di facinorosi. Per quei fatti Ilaria Salis è finita a processo, riconosciuta dalle militanti della Lega. Le sue vicissitudini offrono l'opportunità di ribadire che il legittimo esercizio del dissenso non può mai sfociare in episodi di violenza, soprattutto come quelli messi in atto contro giovani indifese aggredite da un branco come successo a Monza», recita intanto una nota della Lega.

«Ilaria Salis è stata assolta per non aver commesso il fatto in relazione all'episodio dell'aggressione al gazebo della Lega nel 2017», la replica all'Ansa il suo legale, l'avvocato Eugenio Losco. «La signora Salis non è stata affatto individuata dalle due militanti della Lega ma solo individuata come partecipante al corteo che si svolgeva quel giorno a Monza da un video prodotto in atti. Il giudice nella sentenza ha specificato che risulta aver partecipato solo al corteo senza in alcun modo aver partecipato all'azione delittuosa di altre persone nè di aver in qualche modo incoraggiato o supportato altri a farlo».

Roberto Salis: «Parole di Salvini fuori luogo»

«Va bene tutto ma non si possono fare dichiarazioni di questo tipo. L'uscita di Salvini mi è parsa fuori luogo»: così all'Ansa Roberto Salis ha commentato le dichiarazioni del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini secondo il quale «è assurdo che Ilaria faccia la maestra». Il leader della Lega, in un post su X, definisce anche «sorprendente» il fatto che la 39enne in carcere a Budapest con l'accusa di aver aggredito due militanti di estrema destra, «sia stata presente in occasione di manifestazioni violente».

La smentita alle parole di Salvini e della Lega

Due cortei contrapposti, un presidio e un gazebo devastato: in quel 18 febbraio del 2017 ci fu molto lavoro per le forze dell'ordine in un sabato di tensione particolare a Monza. Tutto era nato qualche giorno prima, il 13 febbraio, quando l'Associazione amici e discendenti degli esuli (Ades), legata a Lealtà Azione, aveva dato appuntamento alla Villa Reale di Monza per il sabato successivo per celebrare il Giorno del Ricordo, la commemorazione in memoria delle vittime delle foibe.

Immediata la reazione di Anpi e Aned che chiesero di poter effettuare un presidio a cui aderirono altre realtà, dalla Cgil al centro sociale Foa Boccaccio. A tutti il questore concesse un presidio ma vietò di manifestare per le vie della città per evitare che i due gruppi venissero a contatto.

Di fatto, i militanti di Lealtà Azione marciarono dalla loro sede fino alla Villa Reale, dove si trovarono anche militanti di Fratelli d'Italia con l'attuale presidente del Senato, Ignazio La Russa. Fecero un breve corteo anche i militanti del Boccaccio che, dalla sede del centro sociale, attraversarono via Italia, una strada pedonale del centro, per arrivare al presidio dell'Anpi.

Proprio in quella strada passarono di fianco a un gazebo allestito dalla Lega per il tesseramento e lo distrussero, con una delle due militanti presenti dei Giovani padani che girò un breve video rilanciato sui social del Carroccio. «Ecco la tolleranza dei kompagni che amano i clandestini e odiano gli italiani: aggredire, spaccare, insultare! Vergognatevi, vigliacchi!», scrisse Matteo Salvini.

Proprio quel video è stato alla base del processo con quattro antagonisti imputati, tra i quali Ilaria Salis, procedimento arrivato a sentenza il primo dicembre del 2023 con il giudice Maria Letizia Borlone che ha accolto la richiesta di assoluzione avanzata non solo dalla difesa ma anche dal pubblico ministero, spiegando che per gli imputati «la mera partecipazione al corteo senza partecipazione o istigazione all'azione delittuosa non può costituire un'ipotesi concorsuale neanche morale».

Inoltre, nelle motivazioni la giudice scrisse che Ilaria Salis mise «il braccio dietro la schiena ad un giovane che aveva appena buttato a terra la bandiera leghista, come ad invitarlo a proseguire nel corteo». Come testimoni vennero sentite le due militanti della Lega e anche il segretario cittadino del Carroccio, Federico Arena, che divenne poi assessore alla Sicurezza con il nuovo sindaco Dario Allevi, che aveva materialmente sporto la denuncia.

Pur essendo parte offesa, la Lega non si è costituita parte civile in un processo che si è quindi chiuso in primo grado, visto che il pm non ha fatto ricorso. 

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