Emilio Fede come sta, è ricoverato al San Raffaele: «Investito da un'auto per colpa mia, poteva andarmi peggio. Covid non c'entra»

Emilio Fede come sta: è ricoverato al San Raffaele: «Caduta rovinosa, il Covid non c'entra»
di Claudia Guasco
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Sabato 10 Aprile 2021, 14:43 - Ultimo aggiornamento: 19:54

Emilio Fede è ricoverato all’ospedale San Raffaele di Milano dove è sotto stretta osservazione dei medici. «Ha 89 anni, il suo fisico è provato», trapela da chi gli sta vicino in queste ore. Lo scorso dicembre è stato contagiato dal coronavirus, ha trascorso la prima parte dell’isolamento in un hotel di Napoli e poi è stato ricoverato nel Covid residence dell’Ospedale del Mare, struttura ricettiva della città partenopea per le persone positive al virus asintomatiche o paucisintomatiche.

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Cosa hanno detto Emilio Fede e la figlia

«Considerando che sono tutto piegato, la testa, le braccia, tutto sommato sto bene».

Lo dice all'Adnkronos Emilio Fede, ricoverato al San Raffaele di Milano.

«Stavo attraversando la strada e non mi sono accorto che arrivava una macchina che mi ha investito». Lo dice al telefono Emilio Fede, che è ricoverato in ospedale al San Raffaele di Milano dopo essere stato operato ad un braccio, ad una gamba e ad una spalla. L'incidente - racconta l'ex direttore del Tg4 - è avvenuto l'altro ieri. «Sono stato portato in ospedale con l'ambulanza - aggiunge -. Sono tutto ammaccato, pago una mia distrazione ma mi rallegro perché poteva andare molto peggio».

«Mio padre è un combattente, ce la siamo vista brutta. Ma stiamo finalmente vedendo la luce. L'ho sentito per telefono, sta meglio, mi ha detto che vuole andare a Napoli, dalla mamma, e mangiare insieme un piatto di spaghetti con le vongole, possibilmente al mare». È quanto ha dichiarato all'Adnkronos Sveva Fede, figlia di Emilio, l'ex direttore del tg4 ricoverato al San Raffaele di Milano. Sveva Fede ha precisato ancora che «non si tratta di una ricaduta del covid, come è stato scritto, da cui si è ripreso». Mio padre - ha proseguito Sveva Fede - lo ripeto, è un combattente e le sue battaglie le ha sempre vinte. Vincerà anche questa».



 

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La fondazione

Guarito dal contagio, il peggio sembrava passato ed Emilio Fede era tornato in campo desideroso di aiutare gli altri. «Voglio destinare una parte non da poco del mio patrimonio a opere di beneficenza per i malati. Lo dico a tutti: basta con gli egoismi», ha annunciato in un’intervista. L’idea era quella di creare «una fondazione che assisterà per anni chi ha bisogno di cure: tutto ciò di cui dispongo deve andare alle famiglie malate che non hanno la possibilità di sottoporsi alle terapie per guarire. Ho capito che bisogna tener conto di queste situazioni e che non si può voltare la testa dall’altra parte. In questo modo spingerò le persone a comprendere l’importanza di curarsi. Chi è ammalato ha il diritto di essere sostenuto, lo faccio anche per mia moglie che è una persona straordinaria: vedo lei e penso a tutti gli altri che non possono accedere a cure utili alla loro salute, specie in seguito a questa tremenda pandemia che non ci abbandona».

 

Proprio per festeggiare con la moglie Diana De Feo il suo compleanno, a giugno di un anno fa, è stato arrestato per evasione dai domiciliari. Dopo una condannato a quattro anni e sette mesi nel processo Ruby bis, il giornalista doveva ancora scontare quattro anni di servizi sociali. Accusato di aver lasciato Milano senza attendere l’autorizzazione del giudice del Tribunale di Sorveglianza, Emilio Fede era stato sorpreso dai carabinieri a mangiare una pizza sul lungomare con la moglie. «Se a ciò si aggiunge che lui, in qualità di uomo intelligente e furbo, ha fin da subito dichiarato spontaneamente che era a Napoli per motivi di cura, allora questa circostanza, unitamente all’età e al fatto che oggi è il suo compleanno, affievoliscono notevolmente il fuoco del dolo dell’evasione», scrive nell’ordinanza il gip che ha convalidato l’arresto ma non ha emesso nei suoi confronti alcuna misura cautelare.

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I processi

Per l’ex direttore del Tg4 gli ultimi anni sono stati particolarmente travagliati sul fronte giudiziario e solo una decina di giorni fa è arrivata l’ultima sentenza di condanna: la Cassazione ha confermato il verdetto a due anni e tre mesi nell’ambito del processo sul fotoricatto ai danni del dirigente Mediaset Mauro Crippa. Ma è da gennaio 2011 che per lui cominciano i guai giudiziari, quando viene indagato nell’inchiesta Ruby per induzione e favoreggiamento della prostituzione, insieme a Silvio Berlusconi, Lele Mora e Nicole Minetti. Nel 2013 viene condannato dal Tribunale di Milano nell’ambito del processo “Ruby bis” a 7 anni di reclusione e all’interdizione a vita dai pubblici uffici, per induzione alla prostituzione, favoreggiamento della prostituzione e favoreggiamento della prostituzione minorile, più all’interdizione da uffici di mezzi di informazione, considerati come pubblici uffici. Assolto poi dall’accusa di induzione alla prostituzione minorile (con Berlusconi, condannato in primo grado, assolto in secondo grado e in Cassazione), nel 2014 in Appello gli viene ridotta la pena a 4 anni e 10 mesi, con le accuse riqualificate nel solo favoreggiamento della prostituzione di una maggiorenne, mentre è assolto dalle accuse di induzione alla prostituzione e favoreggiamento della prostituzione minorile: gli viene riconosciuto che, come Berlusconi, non era a conoscenza della minore età di Ruby. Ora la sua battaglia si sposta dalle aule del Tribunale al letto del San Raffaele, per la prova più difficile.

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