Emilio Fede, l'intervista: «Non sono un evaso, popolo è con me: un tenente non può decidere la mia vita»

Emilio Fede, l'intervista: «Non sono un evaso, il popolo è con me: un tenente non può decidere la mia vita»
di Mario Ajello
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Mercoledì 24 Giugno 2020, 08:36 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 07:15

Pronto, Emilio Fede?
«Lurido, pezzente, feccia della società!».
Pronto, pronto, Fede... Ma con chi stai parlando?
«Figlio di buona mamma, che ti possa prendere un accidente!».
Beh, ora esageri.
«Scusa, non ce l'avevo con te. Sull'altro telefonino mi chiamano sconosciuti e mi insultano, mi minacciano. Ma sono dei poveretti, isolati. L'opinione pubblica è con me e anche qui sotto all'albergo dove sono recluso, il Santa Lucia a Napoli, vista mare, mi dicono che c'è gente che grida: mettono il libertà i mafiosi e in galera Fede, vergogna! Ed è proprio così, una vergogna quello che mi sta accadendo».
Ma guarda che sei un evaso. Fuggito dagli arresti domiciliari a Segrate e nascosto a Napoli.
«Non sono evaso affatto, e figuriamoci se mi nascondo: mi conoscono tutti. Hanno inventato una fuga, anzi la fuga c'è stata - con tanto di bastone da vecchietto a cui mi appoggio per camminare e non è certo uno strumento da grandi evasioni - ma con un tacito permesso dei miei sorveglianti. Ho mandato un Whatsapp al comandante dei carabinieri di Segrate, che conosco e con il quale ogni tanto prendo il caffè, e nel messaggino ho scritto chiaramente: devo fare un salto a Napoli a farmi vedere da un bravissimo fisioterapista».
E lui ha risposto «vada pure»?
«Non ha risposto ma ho giudicato la non risposta un silenzio assenso».
E poi?
«Parto, arrivo alla stazione di Napoli, vado in albergo a lasciare la valigia, mangio una pizza con mia moglie da Antonio, ristoratore mio amico a Santa Lucia. O meglio, non ordino una margherita ma un'insalata di pomodori e cipolle rosse. La sognavo da tempo, chiuso nella mia casa a Milano. Ma non faccio in tempo ad addentarla che arriva Antonio e mi dice: lì vedi quelli, sono qui per te, vogliono arrestarti».
Quanti erano?
«Erano in cinque, credo. E in borghese. Se si fossero presentati in divisa, e con l'aria da blitz contro chissà quale boss della mafia, avrei reagito male. Mi sarei messo a gridare in mezzo alla sala rivolto ai presenti: salvatemi, fermateli, aiutoooo. E invece, per loro fortuna, hanno usato le buone maniere».
Però ti hanno arrestato davanti a tutti?
«Ma neanche per sogno. C'era un tenente dei carabinieri e altri quattro. Dico loro, seguitemi in albergo e parliamo nella hall».
Le guardie obbediscono all'evaso e non viceversa?
«Eh, quando ci sono di mezzo io anche questo può accadere. E comunque: mi interrogano per 4 ore. Ma sono io che porto per mano durante l'interrogatorio il giovane tenente, molto cortese in verità. Gli dico: non esagerate, tenete alto l'onore dell'Arma, non fate giustizialismi a vanvera. E aggiungo: mio padre, brigadiere dei carabinieri, eroe decorato al valor militare sul fronte somalo, mi ha insegnato a rispettare sempre l'autorità, ma dovete essere degni di rappresentarla. Quel che è certo è che nessun tenente o caporale può decidere della mia vita».
Oggi c'è l'udienza per convalidare l'arresto. Vincerai tu o vinceranno loro?
«Io, naturalmente. Ho tutto nel telefonino, e me lo tengo stretto anche di notte, lo metto nella tasca del pigiama o sotto il cuscino. Se sparisce quello sono fritto. Se invece lo posso esporre davanti al giudice, lui potrà leggere il messaggino che è semplice e chiaro e mi darà ragione. Così resto a Napoli, sennò, mi toccherà tornare a Segrate».
Ma sei sicuro di aver agito in buona fede?
«Sono Fede di nome e di fatto».
Non credi che la giustizia vada rispettata fino in fondo?
«E' proprio quello che faccio. Ma secondo te è giusto che una settimana fa il Tribunale di Sorveglianza mi dice che posso uscire subito dai domiciliari, per buona condotta nei 7 mesi di detenzione per il caso Ruby, e subito dopo riprendono a perseguitarmi? Stavo tranquillamente in attesa di andare ai servizi sociali, ma niente: si sono proprio accaniti».
Ti senti un perseguitato anche se ne hai fatte di tutti i colori?
«Mi sento un cittadino modello trattato da peggiore dei delinquente, costretto a vivere come Silvio Pellico, quello delle Mie prigioni che infatti sto rileggendo. Pensa che ho anche il divieto di apparire dalla finestra dell'albergo, sennò qualcuno può gridare: evviva Fede! Mi consolo con il fatto che mi stanno telefonando da tutto il mondo per dirmi: Emilio, siamo con te».
Anche il centrodestra in Italia sta dicendo che sei una vittima.
«Bravi, fanno bene. E la sinistra perché non lo dice? Sta perdendo un'occasione di onestà. La verità è che questo è un Paese giustizialista, speravo di vederlo cambiare, ma niente».
Silvio ti ha chiamato per solidarizzare?
«Ancora no, ma con Berlusconi ci sentiamo abbastanza spesso. Ci vogliamo un gran bene. Ma aspetta un attimo.... Cornuto, fetente, cialtrone!».
Ce l'hai di nuovo con lo sconosciuto di prima?
«No, è un altro. Ormai la miseria è dilagante. Non sono degni di parlare con Fede, ma insistono lo stesso».
 

 

Convalidato l'arresto, Fede resta in detenzione a casa. Il Gip di Napoli Fabio Provvisier ha convalidato l'arresto per evasione dalla detenzione domiciliare nei confronti dell'ex direttore del Tg4 Emilio Fede, ma non ha emesso nei suoi confronti alcuna misura cautelare, perché incompetente. Il giudice ha anche disposto l'invio degli atti a Milano per competenza territoriale. L'ex direttore del Tg4, difeso dall'avvocato Gennaro Demetrio Paipais delegato dall'avvocato milanese Salvatore Pino, resta dunque in detenzione domiciliare in esecuzione della pena che sta scontando per il caso Ruby bis.

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