Solo nel paese della sempre invocata «eccezione culturale», infatti, un regista può prendere un classico dell’etnopsichiatria e andarsene nel Montana a girare una specie di commedia sofisticata costruita intorno a un’esperienza analitica, anziché amorosa, con due divi lontani anni luce come Mathieu Amalric e il portoricano Benicio Del Toro. Solo un attento esploratore delle zone di confine poteva riscoprire un etnografo vulcanico ma noto a pochi, specie in Italia, come l’ebreo Georges Devereux, nato nel 1901 a Banat, impero austroungarico (oggi Romania), col nome di Gyorgy Dobò, e sepolto dal 1985 in terra Mohave, in omaggio a quei pellerossa a cui aveva dedicato gran parte della sua vita.
Solo Arnaud Desplechin infine, regista di commedie svitate e serissime su famiglia e identità come Re e reginao Racconto di Natale, poteva intitolare un film Jimmy P. - Psicoterapia di un indiano delle pianure, come il libro a cui è ispirato (uscito nel 1951, inedito in Italia). Con un gesto che non ha nulla di snobistico, oggi che le società multietniche pongono problemi pressanti a psicologi non sempre attrezzati per capire i disagi nati dallo scontro fra culture.
Mentre Desplechin dettaglia con molta energia e un pizzico di ironia l’incontro fra lo «psicanalista selvaggio» Devereux, guardato con curiosità e sospetto dai colleghi, e l’ex-selvaggio Jimmy Piccard. Un indiano Mohave tornato dalla Seconda guerra mondiale con molte ferite nel corpo e nell’anima. Anche se per trovarle, e curarle, ci sarebbe voluto proprio l’eclettico, e elettrico, Devereux. Che ha alle spalle un genocidio (ma il film si guarda bene dal sottolinearlo), e qualche problema con le donne, proprio come il pellerossa.
Dunque prima si guadagna la fiducia di quel paziente afflitto da indecifrabili e violente emicranie. Poi, interpretando sogni e disegni pieni di animali e di simboli, lo riconcilia col suo passato, con i traumi sepolti, con l’altro sesso, con la propria cultura d’origine e con quella d’adozione. Facendoci quasi dimenticare che se il survoltato Amalric è perfetto nel ruolo, Del Toro ha almeno 15 anni più del personaggio e non è né sembra un indiano, diversamente da tutti i comprimari, veri nativi d’America.
Ma questi sono dettagli. Jimmy P. racconta con leggerezza e profondità un caso clinico dall’immensa portata metaforica, senza mai sfiorare la retorica dei biopic e dei film in costume di questi anni. Ed è questo, a ben vedere, il primato più invidiabile.
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