Gian Maria Gros-Pietro: «Dollaro su barile giù così riparte il volano»

Gian Maria Gros-Pietro: «Dollaro su barile giù così riparte il volano»
di Rosario Dimito
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Domenica 21 Dicembre 2014, 17:53 - Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 08:55
Professor Gian Maria Gros-Pietro, come sarà il 2015 visto dalla poltrona di presidente del cdg di Intesa Sanpaolo?

«Sarà un anno articolato, in funzione delle aree geografiche, dei settori di attività e degli stimoli. Tuttavia un fattore sta emergendo con forza e, a mio avviso, dominerà: la ripresa negli Stati Uniti. Si è andata via via rafforzando, e ormai interessa vari indicatori, dall’andamento dei sussidi di disoccupazione, alla creazione di nuovi posti di lavoro, agli acquisti di beni di consumo anche durevoli, sino al settore edilizio, nonostante alcune zone incerte. Quando l’economia americana comincia a tirare, tutti i mercati ne avvertono la forza e ne sono influenzati».



Pensa che la Fed sarà stimolata a fare nuove mosse?

«Sì, i mercati si sono mossi per primi, nell’aspettativa che l’irrobustimento della crescita americana indurrà la Fed a irrigidire gradualmente la politica monetaria, sino ad avviare un innalzamento dei tassi verso la metà del 2015. La prospettiva di aumento dei tassi di norma raffredda le Borse, ma può non accadere se si crede che l’aumento sarà dosato in funzione di fatturati e utili in crescita. Se i profitti crescono più dei tassi anche le quotazioni azionarie crescono, mentre calano quelle del reddito fisso».



Un po’ ciò che accade oggi.

«Sì, i grandi investitori si spostano, anche se non da oggi, dall’obbligazionario all’azionario, con effetti di trascinamento anche delle Borse non americane. Previsioni di crescita dei tassi fanno anche lievitare il dollaro, come avviene dall’estate, e qui si verifica un altro trascinamento».



Quello indicato recentemente dal consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina?

«Esattamente. Messina ha stimato che un aumento del 10% del cambio dollaro/euro, già realizzato negli ultimi mesi, stimolando l’export avrà un effetto positivo dello 0,8% sul pil italiano. Messina ritiene inoltre possibile che il dollaro cresca di un ulteriore 10%. Un altro fattore positivo è la riduzione del prezzo del petrolio: storicamente, prezzi bassi degli idrocarburi spingono la crescita mondiale, ma per l’Italia il vantaggio è maggiore, visto che siamo più dipendenti di altri da quella fonte energetica».



Ai vertici della Bce c’è un conflitto in materia di politica monetaria. In particolare sull’acquisto di bond e titoli sovrani. Pensa che Draghi debba intervenire con mano decisa?

«Direi di sì. Continuiamo a negare il rischio di deflazione ma l’Europa sta danzando sull’orlo del baratro, e in alcuni paesi e settori la deflazione c’è già, il che innesca la classica spirale: rinvio degli acquisti, aumento del peso reale dei debiti, necrosi delle imprese, calo dei redditi e della domanda, ulteriore calo dei prezzi. E’ una spirale che può rapidamente contagiare gli ambiti circostanti. Le imprese, gli artigiani, i lavoratori, compresi i disoccupati, oggi darebbero una risposta semplice: fate come l’America o il Regno Unito, immettete liquidità nel mercato anche comprando titoli, la ricetta funziona, basta copiarla, smettete di temporeggiare».



Ma Stati Uniti e Regno Unito sono entità statuali, cosa che l’Europa ancora non è.

«Vero, l’azione della Bce è vincolata da un mandato che rispecchia questa differenza. E tuttavia mi sembra che Draghi abbia individuato dei percorsi equilibrati sebbene non convenzionali».



Basterà il jobs act approvato dal Parlamento a far ripartire l’occupazione in Italia?

«Sono del parere che la tutela dei lavoratori deve essere incardinata sulle persone, non sui posti di lavoro. Quindi il jobs act mi convince. I lavoratori non potranno contare su un benessere sostenibile se non saranno inseriti in produzioni che innovano, e innovare implica cambiare processi, organizzazione, mansioni. Senza tutto ciò non c’è futuro, se non quello assistenziale».



Quali altre riforme sono indispensabili subito?

«La Pa e la scuola producono servizi essenziali per una società evoluta. Dobbiamo innalzarne il livello qualitativo, la tempestività, la facilità di accesso per cittadini e imprese. Ad esse va aggiunta la giustizia. Ottenere giustizia in tempi veloci, sulla base di norme che consentano la certezza preventiva di come verranno interpretate dal giudice, è la base dei diritti civili. Nessuno investe capitali se non c’è garanzia di poter effettivamente far valere i diritti che ne derivano».



Le banche escono da esami rigorosi imposti dalla Bce, in più anche la seconda asta Tltro ha fatto flop: il tutto continuerà a condizionare gli impieghi?

«Anzitutto con l’asset quality review si è uniformata in Europa la qualità dei bilanci bancari. In secondo luogo con lo stress test si sono rassicurati i mercati circa la tenuta delle banche anche di fronte a scenari estremi. Credo si possa migliorare ancora il grado di sicurezza senza restringere la capacità di credito delle banche; diversamente avanzerebbe la cosiddetta finanza ombra, che opera in modo poco regolato e trasparente, con rischi maggiori».



Intravede una soluzione che ci possa far uscire più rapidamente dalle secche?

«La soluzione si compone di due strumenti: da un lato un più deciso stimolo macro, con azioni potenti come l’acquisto di titoli di Stato e il sostegno pubblico di investimenti infrastrutturali; dall’altro riforme strutturali incisive per rimediare alle carenze di produttività. Se i due strumenti verranno azionati insieme si allenteranno i vincoli politici che oggi li bloccano, ovvero le reciproche diffidenze di coloro che non vogliono più fare sacrifici senza uscire dalla crisi, e di coloro che non vogliono più finanziare il deficit di quanti continuano a spendere più di quanto riescono a produrre».