Elezioni, nei Comuni maggiori il Pd passa da 128 a 160

Elezioni, nei Comuni maggiori il Pd passa da 128 a 160
di Diodato Pirone
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Martedì 10 Giugno 2014, 07:56 - Ultimo aggiornamento: 08:02
Una vittoria mutilata. Nel centenario della Grande Guerra lecito ricorrere allo slogan che scolp la fine di quella lontana stagione bellica per descrivere l’esito delle comunali visto dal Pd. Certo, oggi sul 70% dei Comuni sopra i 15 mila abitanti, ben 160, sventolano le bandiere del centro sinistra. Erano 128 cinque anni fa. Certo, aver preso i capoluoghi del Piemonte tradizionalmente più moderato, come Vercelli, ed essersi tolti lo sfizio di sottrarre a Forza Italia tre gioiellini lombardi come Pavia, Cremona e Bergamo son soddisfazioni. E tuttavia...tuttavia a rovinare la festa ci sono parecchie ciliegine sulla torta che all’ultimo minuto sono rotolate per terra.



I PORTUAL-GRILLINI

C’è la perdita di Padova (inaspettata nonostante precisi segnali), lo choc della caduta di feudi sicuri come Perugia (accompagnata dall’opaca prestazione di altri roccaforte umbre cedute come Gubbio e Spoleto), i vaffa portual-grillini di Livorno e Civitavecchia, il disastro nel napoletano, un’area popolosissima, dove quasi tutti i grandi Comuni (Torre del Greco; Somma Vesuviana; Pompei; Nola e altri) sono in mano al centrodestra.



«I numeri dicono che noi abbiamo vinto alla grande, non ci piove - spiega Stefano Bonaccini, responsabile degli enti locali - Poi, fissato questo paletto, a mente fredda, faremo un’analisi dettagliata delle ragioni per le quali abbiamo subito qualche sconfitta. E’ possibile che qui e là ci sia stata poca innovazione da parte nostra. Il fatto è che non ci sono più rendite di posizione né per noi né per i nostri avversari. Tutti gli elettori vanno convinti e conquistati».



Un’analisi complessiva che i flussi dei voti fra il primo e il secondo turno, analizzati dalla Swg, confermano. «C’è un evidente trend che spinge il centrosinistra a livello locale, trend che è iniziato nel 2009 - spiega Enzo Risso, direttore di Swg - Ma se sbagli candidato i ballottaggi non perdonano, le specificità locali nelle elezioni amministrative sono fondamentali».



IL TERRITORIO

Un esempio? Perugia. Uno dei disarcionamenti più clamorosi di questa tornata elettorale è nato dall’incapacità di Wladimiro Boccali, candidato del Pd, di convincere il suo elettorato. Solo il 50% degli elettori perugini che il 25 maggio ha votato per il Pd ha riconfermato la propria preferenza domenica scorsa. Il 41% ha preferito starsene a casa mentre un democrat perugino su 10 (il 9% per l’esattezza) ha fatto il salto della quaglia e ha votato il candidato del centro destra, Andrea Romizi. Che non solo ha riconquistato gran parte dei suoi (l’81% degli elettori di Forza Italia) ma ha attratto anche un grillino su tre (32%). Un risultato straordinario quello di Romizi anche in termini assoluti poiché al ballottaggio è passatoda 22 mila a 35 mila voti.



Si suona uno spartito quasi uguale a Padova dove però una componente della sconfitta del Pd («Valutabile nel 3/4% dei consensi», dice Risso) è legata alla valanga di arresti della magistratura per lo scandalo Mose. Qui il candidato leghista, Massimo Bitonci, ha mantenuto una notevole fedeltà del suo elettorato con 9 elettori su 10 al primo turno di Forza Italia e dela Lega che lo hanno rivotato. Ivo Rossi, candidato del Pd, ha richiamato alle urne l’82% dei suoi ma non è bastato. Decisiva anche la preferenza dei grillini per il centrodestra: su 100, in 31 hanno votato Bitonci e 23 Rossi, gli altri sono andati al mare.



Meno interessanti dal punto di vista dei flussi i film andati in onda a Bari e Modena. Nel capoluogo pugliese non c’è stata storia. Gli elettori del centrodestra non hanno mai creduto di poter vincere. A Modena, invece, il candidato grillino non ha saputo far scattare il meccanismo del ”tutti contro il Pd” che ha funzionato a Livorno. Solo il 23% degli elettori di Forza Italia lo hanno votato.



Conclusioni? «In queste comunali c’è stato comunque un qualche effetto Renzi altrimenti non si spiegherebbe che persino Vittorio Veneto è stata conquistata dal Pd - spiega Risso - Ma lo stesso Pd è stato vittima di molte specificità locali. Primarie o no, il partito talvolta ha scelto candidati non all’altezza che non hanno saputo attirare un elettorato sempre più mobile e alla ricerca, in questa fase, di forte innovazione». E Grillo? Risso è netto: «Pochi candidati credibili, non sempre ai ballottaggi riesce a unire anche il centro destra sotto le sue bandiere».
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