Allarmi su Whatsapp e falsi tweet: vivere in guerra ai tempi del web

Allarmi su Whatsapp e falsi tweet: vivere in guerra ai tempi del web
di Azzurra Meringolo
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Sabato 12 Luglio 2014, 01:03 - Ultimo aggiornamento: 01:05
TEL AVIV - I razzi lanciati dai palestinesi di Hamas che hanno il potere sulla Striscia di Gaza colpiscono il loro aeroporto e prendono di mira la loro citt. Ma camminando per le strade del centro di Tel Aviv si ha l’impressione che nulla di tutto ciò sia accaduto da giorni. Il clima di guerra ha spaventato questa città israeliana, ma non l’ha fermata.



«Siamo abituati a convivere con queste giornate» ci dice un barista sul Rothschild Boulevard, il grande viale alberato dove la gente di Tel Aviv si prepara a Shabbat, il giorno sacro degli ebrei che inizia con il tramonto del venerdì.



Alcuni portano a spasso il cane, altri fanno jogging per raggiungere il lungomare. Quasi tutti hanno in mano cellulari di ultima generazione dai quali controllano le ultime – quasi sempre cattive – notizie, sincronizzando le diverse App. «Da giorni, grazie a questi strumenti riusciamo a vivere la nostra quotidianità, proteggendoci il più possibile, ma evitando di lasciarci impressionare da quello che vediamo continuamente in televisione» spiega Mazaltan, una commentatrice del quotidiano Maariv. Secondo lei, gli israeliani sono vittime non solo della violenza di Hamas, ma anche di una copertura mediatica che fa salire alle stelle il panico di chi si affida esclusivamente ai media tradizionali. «Una maratona della distruzione» conclude Mazaltan, guidandoci nel centro di Tel Aviv.



IL SOCCORSO PER I SORDI

In una strada defilata di questa città dal clima surreale si trova lo Shema Center, un istituto dove da giorni si riuniscono quanti cercano un escamotage per aiutare anche i sordi a mettersi al riparo dalla pioggia di razzi di Hamas. «La prima volta che è suonato l’allarme sono rimasto completamente solo nel mezzo della sala della conferenza che stavo seguendo» racconta Rishon Letzion, un trentenne che non riesce a sentire le sirene che suggeriscono a tutti di mettersi al riparo nel rifugio più vicino. In teoria, il ministero degli Affari sociali ha distribuito dei piccoli strumenti in grado di trasformare l’allarme in vibrazioni.



Quanti li hanno ricevuti dicono però che non funzionano. È per questo che Shahar Dishbak, sordomuta residente a Tel Aviv, ha lanciato un appello sui social network, chiedendo a chi ha orecchie buone di farsi avanti. I volenterosi che hanno risposto all’appello sono ora a capo del gruppo di sordi della loro zona. Appena le sirene suonano mandano a tutti coloro che si sono iscritti alla loro lista un What’s up.



AVVERTIMENTO VIA SMS

E mentre il governo israeliano cerca di perfezionare i macchinari difettosi da distribuire ai sordi, l’esercito si affida allo strumento degli sms per avvertire i residenti di Gaza che sta per bombardare le costruzioni vicine alle loro case. «C’è scritto di allontanarsi dalle zone pericolose, ma questa è una terra minata» racconta Miryam, una ragazza che risponde dal telefono di casa sua a Jabalya, nel nord della Striscia.



«In alcuni casi la polizia di Hamas ha suggerito di ignorare i messaggi, definiti strumenti di una guerra psicologica per minare la nostra resistenza» aggiunge la giovane, incredula della crudeltà fratricida di un movimento che – qualora queste voci fossero vere - userebbe i civili come scudi umani.



Di battaglia psicologica si era già parlato lo scorso marzo, quando 60 giornalisti hanno ricevuto messaggi nei quali le Brigate al-Qassam, braccio armato di Hamas, annunciavano di voler riconquistare tutti i territori palestinesi in un’imminente guerra. All’epoca a parlare di pressione psicologia 2.0 furono gli israeliani. Hamas negò ogni accusa.



Non di rado la verità è la prima vittima. Lo è ancora di più nell’era dei social network, dove le informazioni viaggiano così velocemente che in pochi perdono tempo per verificarle. In questi giorni, basta seguire su Twitter l’ashtag #Gazaunderattack (Gaza sotto attacco) per trovare una galleria di bufale. La prima a denunciarne l’esistenza è stata la Bbc. La presunta bambina con il volto sfregiato dai bombardamenti israeliani è in realtà una ragazzina siriana vittima di un attacco del regime di Assad. Nel collage d’immagini inviato da @WasimAhmed89, un fan del Liverpool che cinguettando tra un gol della Germania e l’altro è stato ritwittato ottomila volte, compaiono foto scattate in Iraq.



È anche per questo che guardiamo con sospetto l’immagine che immortala i cittadini di Sderot – una delle città israeliane più vicina alla Striscia, quindi più colpita dai razzi di Hamas- seduti davanti a un maxi schermo che guardano i bombardamenti dell’esercito israeliano su Gaza con uno spiedino in una mano e la birra nell’altra. «La televisione è stata messa qui per vedere le partite dei mondiali» ci spiega un cittadino di Sderot che ci fa vedere il luogo dove si è tenuto il barbecue.



«Nessuno di noi però può distrarsi in questi giorni. Vedere il nostro esercito che riesce a intercettare i razzi che partono da Gaza, colpendo anche le basi dell’arsenale di Hamas fa andare a letto i nostri bimbi un po’ più tranquilli. Sono giorni che gli psicologi cercano di insegnargli che cosa fare quando suonano le sirene, ma loro appena sento l’allarme continuano solo a scoppiare in lacrime».
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