Thomas, la rivelazione in aula: «Mattia prima dell'omicidio gli disse: stai lontano da Omar, finisce male»

Il giovane marocchino in aula: "Volevano uccidere me, le risse per motivi razziali"

Da sinistra Omar Hauodi, Thomas Bricca e Mattia Toson
di Pierfederico Pernarella
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Venerdì 1 Marzo 2024, 22:19 - Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 16:32

Mattia Toson il giorno prima dell’omicidio disse a Thomas Bricca di stare lontano da Omar Haoudi perché con lui sarebbe finita male. E invece Thomas, proprio lo stesso giorno di quell’avvertimento, fece dormire a casa sua il giovane di origini marocchine che temeva della ritorsioni dopo l’aggressione ad un familiare dei Toson. Sono i particolari, finora inediti, emersi ieri nella seconda udienza davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Francesco Mancini, sul delitto di Alatri che vede imputati Roberto e Mattia Toson. Anche ieri padre e figlio hanno deciso di non presenziare all’udienza.

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Ieri si è aperto il dibattimento e sono stati ascoltati i primi testimoni oculari dell’omicidio.

Un agguato, durato poco meno di un minuto, come emerso dai video delle telecamere di sorveglianza mostrati in aula. Le sequenze riprendono l’arrivo dello scooter sul piazzale del parcheggio del Girone con a bordo i due assassini e poi la fuga. Sono circa le 19.55. Tutto avviene in 48 secondi.

I TESTIMONI OCULARI

Sulla scalinata, insieme ad Omar e a Thomas, c’erano due ragazzi, all’epoca dei fatti quindicenni. «Ho visto lo scooter arrivare, ha fatto un’inversione ad U come per andarsene, erano in due, con i caschi integrali, poi il passeggero ha puntato la pistola, ho sentito i colpi, due, forse tre, mi sono buttato e quando mi sono rialzato ho visto Thomas disteso a terra», ha raccontato Manuel rispondendo alle domande del pubblico ministero Rossella Ricca. «Lo scooter è arrivato un paio di minuti dopo che Omar ci aveva raggiunto, ho sentito i colpi, non pensavo stessero sparando, Thomas era accanto a me», ha detto l’altro 15enne presente sulla scalinata.

Poi è stata sentita Jasmine che aveva trascorso il pomeriggio prima dell’agguato Omar lo aveva trascorso con Jasmine: «Era agitato, non si sentiva a suo agio a stare in giro, mi diceva che temeva che sarebbe successo qualcosa, non so perché, forse per le risse dei giorni prima», ha detto la ragazza ieri in aula.

Thomas, come riferito dai testimoni, non c’entrava nulla con quegli scontri, ma era preoccupato perché era amico di Omar. A dirlo è stato uno dei suoi migliori amici, Hadem Djelassi, 22 anni: «Ci tenevo a lui come se fossi stato un fratello maggiore. La domenica prima dell’omicidio io e Thomas incontrammo Mattia Toson con l’ex fidanzata, gli dissi che lui non c’entrava niente e lo dovevano lasciare stare. Allora Mattia rispose che Thomas doveva stare lontano da Omar perché le cose sarebbero finite male».

LE RISSE

E quindi sul banco dei testimoni è salito il giovane di origini marocchine, 21 anni. Secondo l’accusa era lui il bersaglio degli spari. Omar, che ora vive in Piemonte, è stato ascoltato per circa tre ore alla presenza dell’avvocato perché imputato in un procedimento penale annesso, quello delle risse.

Tutto è iniziato il sabato quando lui e un suo amico egiziano (contro cui Roberto Toson aveva cercato di aizzare il cane in un bar), alle sei del pomeriggio, nel corso del centro storico pieno di gente, erano stati picchiati da un gruppo di una decina di persone capeggiato da Roberto e Mattia Toson. Omar ha raccontato che i Toson ce l’avevano con lui ed altri ragazzi nordafricani per motivi razziali e ha riferito che sabato, dopo l’aggressione, era andato dai carabinieri per presentare denuncia ma in caserma gli avevano detto di tornare lunedì. Poi la domenica ad Alatri si era raccolta un folto gruppo di ragazzi nordafricani che volevano vendicarsi.

E così è nata l’aggressione nei pressi del bar Enal ai danni di Budella, il fratellastro di Roberto Toson. «Io non ho preso parte alla rissa, quando è successo stavo parlando con Bruno Spada che cercava di fare il paciere». Omar comunque temeva delle ritorsioni: «Dopo tutto quel casino non potevo tornare a casa mia e mi ha ospitato Thomas, ho dormito a casa sua, il giorno dopo l’ho accompagnato a scuola e poi sono andato dai carabinieri per fare la denuncia. Nel corso della giornata ho incrociato almeno tre volte Budella e Roberto Toson in auto che mi guardavano in cagnesco, come se mi stessero seguendo».

L’IDENTIKIT

Omar ha ricordato che la sera del delitto lui e Thomas indossavano lo stesso giubbotto bianco: «Lo abbiamo comprato insieme». «Dopo il primo colpo Thomas mi è caduto addosso e subito dopo ho sentito altri due colpi di pistola. Volevano uccidere me», ha detto il 21enne. Ha detto di avere fissato i due assassini sullo scooter e nonostante avessero il volto coperto dai caschi è sicuro che fossero i due imputati. Ha descritto il loro l’abbigliamento: jeans e giubbotto in pelle nero, ma si è contraddetto sull’altezza e il colore dei caschi. Le difese hanno contestato l’incongruenza oltre al fatto che Omar, interrogato prima dai ai carabinieri e poi dal pm non aveva mai fatto i nomi dei Toson. Le parti civili hanno rilevato che c’era scarsa luminosità ed era possibile confondersi. Il giudice Mancini ha chiesto se dietro le risse non ci fossero anche questioni legate allo spaccio di droga, Omar lo ha negato.

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