I penalisti in astensione a Cassino per tre giorni, il presidente Impronta: «Dissesto degli uffici di Sorveglianza»

I penalisti in astensione a Cassino per tre giorni, il presidente Impronta: «Dissesto degli uffici di Sorveglianza»
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Martedì 6 Giugno 2023, 07:14

La Camera Penale di Cassino, unitamente alle altre Camere del distretto di Corte di Appello di Roma hanno proclamato l’astensione dalle udienze penali per le giornate di oggi 6 giugno 2023 fino a dopodomani

Presidente Improta, quali le sono ragioni che fanno in questi tre giorni incrociare le braccia agli avvocati penalisti?

"La permanente condizione di dissesto nella quale operano gli uffici di Sorveglianza di Roma che servono tutto il distretto della nostra Corte di Appello, Cassino compreso, e che determina una quotidiana gravissima lesione dei diritti dei cittadini che con quegli uffici debbano relazionarsi.

E’ una inefficienza strutturale che ha la causa principale nella carenza cronica di personale e di risorse. Da ultimo la situazione si aggraverà ulteriormente se si concretizzerà, come ormai sembra probabile, il trasferimento della sede delle udienza monocratiche e collegiali del Tribunale di Sorveglianza in Via Triboniano costringendo gli avvocati a rocambolesche peregrinazioni tra le sedi giudiziarie.


Ma è così grave la situazione e quali sono gli effetti negativi per i cittadini?

"L’astensione non ha alcuna ragione corporativa ma ha l’unico scopo di scuotere le coscienze e accendere i riflettori su una situazione insostenibile che mina i diritti dei cittadini che hanno subito un processo e devono pagare il proprio debito con la giustizia. Anche l’espiazione della pena deve seguire i tempi ragionevoli con cui si auspica venga celebrato il processo di merito. Il condannato ha il diritto a veder decidere sulle sue istanze, sulle misure alternative alla detenzione in tempi che non siano biblici. Non dimentichiamo il dramma dei cd. “liberi sospesi” cioè dei cittadini condannati che, avendone i requisiti, hanno chiesto al Tribunale di Sorveglianza l’affidamento in prova ai servizi sociali o altre misure alternative al carcere e che aspettano anni prima di potervi accedere e scontare fattivamente la pena".

Ma se un soggetto condannato deve scontare una pena comunque la deve espiare, cosa cambia se ciò accade con qualche anno di ritardo?

"La differenza non è di poco conto. Se un individuo commette un reato e per questo viene (in tempi ragionevoli) sottoposto a processo e condannato anche la determinazione delle modalità di espiazione della pena deve avvenire in tempi brevi affinché il condannato possa pagare il proprio debito ed essere reinserito nel consorzio sociale. Quando la pena e la sua espiazione giungono ad anni dal fatto, con ogni probabilità il soggetto è ormai una persona diversa, magari cambiata in meglio, con una famiglia e con una progettualità di vita che viene sconvolta dalla “ritardata” pretesa punitiva dello Stato con buona pace della funzione rieducativa prevista dalla nostra Costituzione.

Come i liberi sospesi?

"Si, certamente. Quelle persone che sono state condannate e che attendono la loro sorte per anni e vedono bloccata la loro vita in attesa della decisione della Magistratura di Sorveglianza".

Quindi questi ritardi sono ascrivibili alla Magistratura?

"Intendiamoci. La situazione tragica e drammatica in cui si versa oggi non è imputabile ai magistrati ma alla carenza di risorse e mezzi con cui si deve far fronte ad una mole immane di ricorsi, istanze avendo la Magistratura di Sorveglianza molteplici competenze e funzioni. In un Paese moderno non può tollerarsi una situazione del genere dove lo Stato esercita, giustamente, la pretesa punitiva nei confronti dell’imputato ma nello stesso tempo dilata a piacimento i tempi di esecuzione della pena lasciando in un limbo insopportabile il cittadino che seppur colpevole ha il diritto a vedersi riabilitato e reinserito nel corpo sociale. Questi ingiustificabili ritardi aggiungo pena alla pena stessa".

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