Frosinone, la forza di Adriano che ha sconfitto il virus: «La mia seconda vita dopo la paura»

Frosinone, la forza di Adriano che ha sconfitto il virus: «La mia seconda vita dopo la paura»
di Vincenzo Caramadre
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Giovedì 16 Aprile 2020, 12:03 - Ultimo aggiornamento: 12:08


«Medici, infermieri e personale tutto sono stati grandiosi, eccezionali. Mi hanno dato la seconda vita, quando pensavo che tutto era finito».
Così Adriano Venzelini, 49 anni di Collepardo, il primo malato di Covid-19 della Ciociaria uscito dalla Rianimazione dell’ospedale Spaziani di Frosinone. Adriano, presidente della locale squadra di calcio dal 2013, ha raccontato al Messaggero la sua storia, quella di un uomo con la vita sospesa per 12 giorni a causa del Coronavirus. Ora guarda alla vita. E’ tornato a sognare, a progettare assieme alla compagna.

L’INIZIO DELL’INCUBO
Come ha avuto la notizia della positività al Covid-19? «L’ho avuta il 21 marzo. Dopo una settimana di febbre alta ho avuto le prime difficoltà respiratorie, non ce la facevo più. Ho chiamato il 118 e mi hanno portato allo Spaziani di Frosinone. Sono stato accolto nella tenda del triage, poi mi è stato fatto il tampone e nel giro di poche ore la malattia si è fatta più acuta. Galoppante. Il 23 notte mi hanno portato in rianimazione, dove sono rimasto 12 giorni intubato».
Come ha vissuto la malattia? «Naturalmente dei 12 giorni in cui sono stato intubato non so nulla. Dormivo. Prima di entrare nella rianimazione ho pensato più volte di non farcela, avevo profonde crisi respiratorie. Il Coronavirus è stato molto violento, pochi i sintomi influenzali, poi le crisi e l’aggressione ai polmoni».

GLI ANGELI IN DIVISA VERDE
Il risveglio, il ritorno alla vita dopo la sedazione, com’è stato? «Sono stati momenti difficili, ho fatto bruttissimi sogni, addirittura pensavo che era morto mio padre. Per fortuna attorno a me ho avuto gli angeli in divisa verde, incappucciati, ma pieni di umanità. Mi hanno dato supporto sanitario, ma anche tanta, tantissima umanità. Calore. Assieme alla mia compagna e alla mia famiglia sono stati il punto di riferimento più importante. Essenziale. Un grazie, per tutti, lo rivolgo alla dottoressa Sandra Spaziani e alla caposala Tiziana Ceccarelli. Senza di loro non ce l’avrei fatta. Persone eccezionali, professionisti che, in questo momento di particolare emergenza, lavorano con grande responsabilità in condizioni davvero stressanti».
Quel è stato il momento più bello? «Sicuramente quello che ho vissuto martedì scorso, quando la dottoressa Spaziani mi ha comunicato che potevo andare a casa. Ho provato una grande emozione. Una sensazione unica: entri in luogo da dove pensi di non uscire più e invece ora posso guardare alla vita con serenità. Con gioia».
Ora è definitivamente guarito? «Sì. Mi sono stati fatti, in totale, tre tamponi prima della dimissione, tutti sono risultati negativi».
Cosa si sente di dire a chi dall’esterno vive la malattia? «Fidatevi della nostra sanità. Fidatevi dei medici e degli operatori sanitari. Spesso sono le vittime di luoghi comuni, non è così. Hanno dato il meglio con professionalità e con grande umanità».
Quali sono i suoi progetti? «Tornare alla normalità. Mi occupo di manutenzione allo stadio Olimpico di Roma. In estate, come sempre, riaprirò la pizzeria che gestisco nel mio paese. Quest’anno i primi a sedersi ai tavoli del locale saranno coloro i quali mi hanno dato la seconda vita».

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