Ferdinando Adornato
Ferdinando Adornato

Il successo femminile, così difficile da digerire

di Ferdinando Adornato
4 Minuti di Lettura
Martedì 21 Novembre 2023, 00:02 - Ultimo aggiornamento: 06:21

Il tempo in cui viviamo è carico di bombe, di morti, di violenze inaudite. Eppure l’omicidio di Giulia Cecchettin ha scosso qualcosa di veramente profondo nelle nostre coscienze. E il minuto di silenzio che oggi si osserverà in tutte le scuole sta lì a dimostrarlo.

 
Siamo purtroppo abituati alla bestialità umana ma il fatto che essa sia arrivata a trasformare in carnefice un “normale” ragazzo di 22 anni, cresciuto in una “normale” famiglia medio borghese del Nord, ha squarciato l’ultimo residuo velo di illusione sul concetto di “normalità”. Quanti Filippo ci sono in Italia? E di quanti, a un passo da noi, non riusciamo a leggere l’oscurità dell’anima? Non c’è stato commento che, in questi giorni, non abbia puntato l’indice sulla “cultura patriarcale”, quell’innato senso maschile del possesso che, da sempre, porta a considerare la donna oggetto di controllo assoluto. 


Ed è senz’altro vero che il codice genetico dei femminicidi risieda in tale distorta visione della vita umana. Ma una domanda in più è doverosa: è mai possibile che decenni di femminismo e di libertà della donna (per quanto ancora incompiuta) non abbiano cambiato in nulla questa tragica realtà? È possibile che un ragazzo dell’era social sia ancora soggiogato da così antiche pulsioni di possesso? No, sarebbe assurdo pensare che l’Italia sia ancora quella di una volta, nel lavoro, nel costume, nel rapporto tra uomini e donne. Forse, allora, non bisogna fermarsi alle prime più facili analisi. Ed è un compito che spetta soprattutto al mondo maschile. 
Ebbene, si può uccidere o fare del male per mostrare il proprio potere, la propria superiorità, per obbligare le donne a capire qual è il “sesso forte”. 


Ma si può anche uccidere o fare del male, al contrario, perché travolti dalla propria impotenza, da un fastidioso e imprevisto complesso d’inferiorità, dalla consapevolezza di essere più “deboli” della donna. Giulia si stava per laureare prima di Filippo. Giulia decideva se e quando vedersi. Giulia comandava, Filippo seguiva. Questo, in effetti, ci racconta la tragedia di Vigonovo. «Si odiano gli altri perché si odia se stessi», scriveva Cesare Pavese. 
Un pensiero che fa immaginare come Giulia, per Filippo, dovesse rappresentare l’ossessiva immagine della propria inadeguatezza.

Ecco, allora, in filigrana, anche la chiave per capire, la nuova configurazione del rapporto uomo-donna. Il fatto è che in seguito alle battaglie di emancipazione femminile l’Italia è davvero cambiata e, per i maschi, il rapporto con le donne si è fatto sempre più complicato, quasi enigmatico. Predisposti dalla cultura patriarcale a offrire protezione in cambio di sottomissione, molti hanno perso la testa di fronte a mogli o compagne che continuavano certo a chiedere cura e attenzioni, ma che rifiutavano, nel contempo, ogni limitazione della propria libertà. 


Non erano e non sono in grado di reggere l’urto di una “competizione” con il femminile. Anche perché, in tantissimi campi, il “secondo sesso” è diventato il primo: l’intelligenza delle donne si è nel tempo dimostrata più acuta e generosa, raggiungendo vertici di eccellenza in modo più trasparente dei maschi. In fondo viviamo in un Paese nel quale sia il premier che il leader dell’opposizione sono donne. 
In altri termini, accanto a un’identità maschile che continua a ritenersi prepotentemente superiore (e che ancora abita la società italiana) si è resa sempre più visibile un’identità maschile frantumata, balbettante, incapace di tenere testa alla nuova femminilità e di gestire rapporti “normali” con l’altro sesso. Spia di tale fenomeno è stato anche l’intensivo aumento, nella popolazione maschile, della scelta omosessuale. 


È come se alla vecchia “invidia del pene”, sulla quale ci ha intrattenuto Freud, si fosse sostituita una strisciante “invidia della femminilità” rispetto alla quale i maschi, abituati a ben altra narrazione, non sanno più come regolarsi. Si badi: ciò riguarda certamente i Filippo che uccidono, ma anche i tanti Filippo che non arrivano a tanto.
Non è allora sufficiente che i maschi facciano i conti con la loro cultura patriarcale. E’ di gran lunga più importante che comincino a capire come gestire in modo nuovo la loro identità, frantumata dalla libertà femminile. Come rapportarsi a donne vincenti ed emancipate. E’ questa la “questione maschile” dei nostri tempi. Ricordando sempre ciò che insegna il Talmud: «Dieci misure di parole sono scese su questo mondo; le donne ne presero nove e gli uomini una».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA