Carlo Nordio
Carlo Nordio

Oltre la privacy/Perché serve il passaporto per chi è immunizzato

Oltre la privacy/Perché serve il passaporto per chi è immunizzato
di Carlo Nordio
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Martedì 2 Marzo 2021, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 23:31

Il Garante della privacy si è dunque pronunciato sul cosiddetto passaporto o patentino vaccinale. Lo ha fatto in termini sintetici, confermando sostanzialmente l’indirizzo indicato nell’articolo di ieri pubblicato qui dalla sua vicepresidente. I punti salienti sarebbero questi. Primo: anche a seguito delle decisioni dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa il vaccino non può essere obbligatorio. Secondo: la previsione di un certificato per la fruizione di alcuni servizi introdurrebbe una discriminazione sanzionatoria per i non vaccinati, e quindi surrettiziamente l’obbligo del vaccino, con la limitazione di alcuni diritti costituzionali. Terzo: in ogni caso, se questo requisito fosse introdotto, sarebbe necessaria una legge dello Stato, non potendosi ammettere interventi disomogenei da parte di altri organismi, sia pubblici che privati. 

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Posso sbagliare, ma temo che, più che chiarezza, questo intervento abbia creato confusione. O almeno che non abbia colto l’elemento fondamentale: se sia o meno giusto che lo Stato preveda questa certificazione per chi intenda accedere a una serie di servizi. Vediamo dunque i singoli punti. 
Uno. E’ vero che la Ue ha optato per la raccomandazione e non per l’obbligo della vaccinazione. Nondimeno, come ricorda lo stesso Garante, la previsione degli obblighi ) e le relative sanzioni per l’eventuale inadempimento rientrano nella riserva di legge esclusiva dello Stato. Quindi, il parere dell’Europa è solo un parere. Possiamo citarlo “ad pompam” come ossequio formale a questo organismo. Tuttavia, tenuto conto che nella gestione dei vaccini l’Europa ha dato prova di sconsiderata miopia, le sue raccomandazioni sono quantomeno inopportune. In ogni caso, giuridicamente, non valgono nulla, proprio perché la gestione della pandemia è affare interno. Appellarsi all’Europa, crea dunque solo confusione. 
Due. Il concetto che la certificazione di vaccinazione sia una sorta di discriminazione nei confronti del cittadino non può esser condiviso. Non può dal punto di vista giuridico, proprio perché la stessa Costituzione, come anche qui riconosce il Garante, ammette la possibilità di trattamenti sanitari obbligatori. E non può esserlo dal punto di vista pratico, perché la nostra vita è costellata di certificazioni che, a rigor di coerenza, sarebbero discriminatori. Ai miei tempi l’accesso in Magistratura era subordinato a una radiografia al torace e a un esame antiluetico. Era discriminatorio? Secondo me era stupido, ma nessuno di noi si è sentito vessato. Il fatto è che di questo passo anche la vista medica per ottenere la patente sarebbe considerata punitiva. Certo non è un obbligo, ma è un requisito: se vuoi guidare, devi dimostrare di vederci bene. Così dovrebbe essere un domani per il vaccino e il relativo “passaporto”. Nessuno può obbligarti a farlo, se intendi condurre, come Papnuce lo stilita, una vita di anacoretica solitudine. Ma se intendi prendere un treno o un aereo la tua scelta rischia di compromettere la salute altrui. E quindi devi dimostrare di non esser contagioso. 
Tre. Per arrivare a ciò è necessaria una legge nazionale? Qui il Garante ha perfettamente ragione: certo che è necessaria. Direi di più. Fino ad ora gran parte dei nostri diritti primari sono stati compressi, o addirittura annullati, con semplici decreti ministeriali, che tra l’altro non possono nemmeno esser impugnati davanti alla Corte, ma soltanto davanti ai tribunali amministrativi. Questo è avvenuto perché l’urgenza imponeva rimedi efficaci e immediati, incompatibili, si diceva, con la lungaggine di un iter legislativo.
In realtà non è così. L’adozione del decreto-legge un tempo chiamato brutalmente “decreto catenaccio” con effetto immediato, sarebbe stato più consona, e altrettanto risolutiva, nell’intervenire in materie così delicate. Altrettanto si potrebbe fare un domani, sempreché arrivino i vaccini, per le certificazioni. 
Concludo. Senofane diceva che ogni popolo dipinge gli dei secondo i propri attributi fisici, e che se un triangolo potesse pensare vedrebbe Dio fatto a triangolo. Il che significa che ognuno tende a vedere la realtà attraverso la lente, spesso deformante, dei propri pregiudizi. Così, per i virologi bisognerebbe guardare il numero dei tamponi, per i clinici quello dei ricoverati, per gli industriali quello del fatturato, per l’Inps quello dei cassintegrati, ecc ecc. 
E’ dunque normale che anche il Garante veda il patentino con un certo sospetto.

Ma è per questo che esiste, o dovrebbe esistere la politica. Ascoltare tutti e non seguire nessuno, valutando la realtà secondo una prospettiva più ampia di quella dei singoli interessati. In questo caso, secondo noi, riconoscendo il sacrosanto diritto di ognuno di occuparsi della propria salute come meglio crede, senza però insidiare quella degli altri. 

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