Alessandro Campi
Alessandro Campi

Oltre le tensioni/ L'esecutivo che nasce nell'interesse degli italiani

di Alessandro Campi
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Venerdì 21 Ottobre 2022, 00:02

Dopo la tempesta, anche in politica, viene sempre il sereno. La prossima settimana avremo dunque un governo. Il primo a guida politica e sostenuto da una maggioranza formalmente omogenea dopo anni di esecutivi tecnici e di mostriciattoli parlamentari. Il primo egemonizzato dalla destra. Il primo guidato da una donna. Se non è un passaggio storico, gli assomiglia molto, anche se a scommettere sul suo fallimento sono in tanti dentro e fuori l’Italia.
Sarà un governo di coalizione come è la regola nella gran parte delle democrazie contemporanee. Il che basta a spiegare le tensioni di questi giorni e di queste ore sulla scelta dei ministri e la distribuzione delle poltrone. Il partito più grande cerca di concedere il meno possibile, quelli più piccoli o minori cercano di lucrare il massimo a partire dal poco o tanto che hanno: nelle trattative - politiche, diplomatiche o d’affari - funziona così. Alla fine, decidono sempre i rapporti di forza. Sembra brutale, ma in fondo è la cosa più giusta e saggia.
Ciò detto, non nascondiamoci dietro un dito. Lo spettacolo al quale abbiamo assistito (immaginando e sperando che i colpi di scena siano finiti) è stato al limite dello psicodrammatico. E come sempre, quando si è dalle parti del centrodestra, il produttore-sceneggiatore-regista-attore protagonista-truccatore-distributore-proiezionista è stato lui e lui soltanto: Silvio Berlusconi. Non si poteva immaginare rentrée nei palazzi della politica più pirotecnica dopo la forzata lontananza impostagli in applicazione pedissequa della legge Severino. S’è rivisto il Cavaliere dei giorni migliori, ha detto qualcuno non senza compiacimento. Anche se stavolta – tra venti di guerra, bollette alle stelle e pandemia sempre incombente – ne avremmo fatto a meno assai volentieri. Gli italiani, diciamo così, non sono dello spirito giusto. Quel che una volta divertiva e intrigava, adesso infastidisce e crea malumore.
Resta tuttavia la domanda su cosa gli sia accaduto e sul perché di certi suoi comportamenti a dir poco politicamente bizzarri e al dunque pericolosamente controproducenti.
Si sono date molte interpretazione diverse, tutte vere e compatibili tra loro. L’età che avanza e che fa perdere di lucidità. L’orgoglio ferito da alleati rivelatisi ingenerosi. I consigli dati da propri cattivi consiglieri. Il fatto di non essere più, perché così hanno voluto gli elettori non il destino cinico e baro, il dominus del centrodestra. Il desiderio prepotente di essere sempre e comunque al centro della scena (voler fare la sposa al matrimonio e il morto al funerale, come si diceva anche di Mussolini). La consapevolezza amara di star vivendo il finale della sua esaltante avventura politica. Il dover prendere ordini nientemeno che da «una signora» il cui «uomo è un nostro dipendente» (familismo, paternalismo, maschilismo, aziendalismo e politica in lui si sono sempre confusi
Aggiungiamoci che nella sua vita – da imprenditore e da politico – Berlusconi mai si era trovato nella condizione di dover trattare da posizioni di minoranza. Si può dunque persino comprendere, sul piano psicologico e umano, il suo odierno malessere. Ma da qui a perdere il controllo di sé, come in realtà è avvenuto, ce ne corre.

Secondo alcuni, voleva indebolire, o almeno far innervosire, Giorgia Meloni. Ma con quale obiettivo concreto, visto che non esiste alternativa parlamentare ad un governo di centrodestra guidato proprio da quest’ultima? Davvero ha accarezzato il disegno di un teatrale muoia Sansone con tutti i Filistei?
Secondo altri ha alzato la posta per metterla in difficoltà nella fase delicatissima della composizione del governo, con la speranza di ottenere per i suoi uomini e donne i dicasteri che da sempre gli stanno a cuore, a partire dalla giustizia.

Ma su questo versante Berlusconi dovrebbe sapere che il vero ostacolo ai suoi desiderata è rappresentato non da Giorgia Meloni ma dal Capo dello Stato in persona. Il governo che nasce dovrà occuparsi in battuta urgente dei costi esorbitanti dell’energia non della legge Severino o dei suoi vecchi e nuovi guai giudiziari. 

La realtà è che il Cavaliere, anche se in fondo non ha fatto che replicare il sé stesso di sempre, scaltro, fuori le righe, imprevedibile, doppiogiochista, negatore dell’evidenza, smentitore di sè stesso, stavolta si è fatto male da solo, sino a indebolire ancor di più la sua già debole posizione negoziale. Già il mancato sostegno a Ignazio La Russa quale presidente del Senato s’era rivelato un imprevisto boomerang. Ma poi è successo anche di peggio. Con gli impietosi giudizi su Giorgia Meloni maliziosamente dati in pasto ai fotografi, con l’elenco dei propri ministri dettato direttamente alla stampa in sfregio di qualunque bon ton istituzionale, con il racconto dei suoi affettuosi scambi di doni e messaggi con Putin e, gran finale, con le lezioncine di geopolitica dettate ai suoi parlamentari per spiegare le vere ragioni della guerra tra Russia e Ucraina.

Un disastro! Per il governo che rischia di nascere fragile. Ma soprattutto per la sua immagine pubblica e per il suo stesso partito, in preda evidentemente a lotte intestine e rese dei conti personali che nessuno – tanto meno Berlusconi – è più in grado di controllare. Come dimostra la vicenda degli audio su Putin diffusi alla stampa da qualche membro della sua stessa cerchia. 
A proposito dei quali va anche detto che in sé sono meno esplosivi di quanto non si sia detto in queste ore. Concetti e parole analoghe il Cavaliere aveva infatti utilizzato già nei giorni precedenti il voto, ad esempio durante una puntata di “Porta a Porta”. Vittima della sua antica diplomazia fatta di sorrisi e pacche sulle spalle, Berlusconi è davvero convinto che Putin sia un suo amico personale e una brava persona che è entrato coi carri armati in Ucraina solo per sostituire Zelensky con altre brave persone come lui. Così come è davvero convinto, vista l’autostima senza limiti che nutre per sé, che se solo ne avesse la possibilità ci penserebbe lui a fare la pace ai due contendenti in quattro e quattr’otto. Un po’ è spirito di millanteria, un po’ semplice vanità, che al massimo può strappare l’applauso dei suoi parlamentari e il sorriso beffardo degli avversari. Poca cosa se non ci fosse in ballo l’affidabilità internazionale dell’Italia in una fase storica particolarmente drammatica per il mondo intero. 
Il governo nascerà, abbiamo detto, anche se tra mille fibrillazioni e alcune legittime preoccupazioni sul suo cammino futuro. E nascerà per una ragione che, a conti fatti, è la più importante e decisiva di tutte: perché serve agli italiani, cioè alle imprese, alle famiglie, ai lavoratori, ai cittadini singoli. Il Cavaliere, che al dunque è uomo pragmatico e da sempre assai attento agli umori popolari quanto ai suoi personali interessi, in fondo l’ha già capito. Ha fatto un po’ il matto, ha provato a forzare la situazione, non gli è andata benissimo, non gli resta che adeguarsi. Per amor di sé se non per amor di patria. 

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