Superbonus 110, cosa fare se l'impresa non termina i lavori in tempo? Come ci si tutela? Ecco cosa prevede la legge

Lunedì 10 Aprile 2023, 10:42 - Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 07:13

Le norme giuridiche

Quando un’impresa edile viene commissionata per eseguire determinati lavori al cliente, si instaura un rapporto di fiducia tra le parti che lascia presupporre la corretta esecuzione delle opere da parte dell’imprenditore e il pagamento del corrispettivo da parte del committente. Questo significa che quando uno di questi presupposti viene meno, l’altro acquisisce il diritto di tutelarsi e di vedere riconosciuto il proprio diritto.

In questa direzione, l’art. 1455 c.c. assume un ruolo di rilievo quando contempla che “il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”. Nel caso specifico, questo accade quando la ditta edile abbandona i lavori e le opere non realizzate sono superiori a quelle già prodotte. In questo senso, rileva nuovamente l’unicità della prestazione, importante per determinare proprio l’inadempimento.

Sempre il citato articolo 1455 del Codice civile prevede l’intimazione e la diffida ad adempiere. Il committente ha quindi la facoltà di intimare in forma scritta il completamento dei lavori alla ditta. L’intimazione deve anche contenere il termine (non inferiore a 15 giorni) oltre il quale il contratto si considera risoluto. Altrimenti, anche la risoluzione giudiziale è utile per determinare lo scioglimento del contratto e quindi dispensare il committente dall’obbligo di pagamento.

Il rimedio principale è quindi rappresentato dalla risoluzione del contratto, grazie alla quale il committente può non pagare la parte rimanente non eseguita (o ricevere in restituzione quanto già corrisposto relativamente all’inadempimento). Oltretutto, la giurisprudenza ammette anche la richiesta di risarcimento danni per l’inadempimento, oltre che per vizi e difformità nelle prestazioni.

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