Pensioni, Quota 103 verso la proroga. Per il 2024 le risorse sono limitate, spinta al piano per i giovani

Tra una settimana il nuovo incontro con i sindacati, dopo una lunga pausa

Pensioni, Quota 103 verso la proroga. Per il 2024 le risorse sono limitate, spinta al piano per i giovani
di Luca Cifoni
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Lunedì 19 Giugno 2023, 00:23 - Ultimo aggiornamento: 07:35

La prossima scadenza è tra sette giorni, lunedì 26. Con uno specifico incontro tra governo e parti sociali, dopo cinque mesi riapre il cantiere pensioni.

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La ripartenza avverrà in un clima un po’ diverso da quello di inizio anno e sul piano temporale si colloca anche dopo la formalizzazione del commissariamento dell’Inps, al cui vertice è arrivata la “tecnica” Micaela Gelera. La strategia dell’esecutivo, in parte esplicitata anche nell’incontro di Giorgia Meloni con i sindacati alla fine dello scorso mese, appare forse un po’ più chiara: separare le misure immediate da quelle di tipo strutturale, che comprendono un’attenzione particolare per i pensionati di dopodomani, ovvero i lavoratori relativamente giovani i quali solo nei prossimi decenni si avvicineranno ai requisiti per la pensione.


LO STALLO
Da parte sindacale la pressione è alta e lo è diventata ancora di più proprio in ragione del lungo stallo.

Il governo tuttavia si muoverà con prudenza. Se da un punto di vista politico l’ipotesi “Quota” 41 (ovvero l’uscita con 41 anni di contribuzione indipendentemente dall’età) resta nel programma di maggioranza, e verrebbe certo incontro alle richieste dei sindacati, questa formula potrebbe risultare troppo costosa per il 2024. Anno per il quale la lista degli impegni finanziari è già lunga: si va dalla conferma del taglio del cuneo contributivo ai lavoratori a un primo intervento sulle aliquote Irpef, senza dimenticare che lo stesso comparto previdenziale assorbirà ulteriori risorse per il nuovo adeguamento degli assegni all’inflazione.


Ecco quindi che la soluzione di default per il prossimo gennaio resta la conferma del meccanismo “Quota 103” in vigore già quest’anno: al requisito contributivo dei 41 anni si aggiunge quello di età dei 62, che restringe la platea in modo molto significativo e appare quindi gestibile sul piano finanziario. C’è anche da sciogliere il nodo di Opzione Donna, il canale di uscita per le sole lavoratrici, con 60 anni di età e 35 di contributi e l’assegno calcolato con il sistema contributivo: quest’anno è stato molto depotenziato (in pratica riservato alle situazioni di invalidità o crisi aziendale) e resta forte il pressing per il ripristino della versione originale.


L’approccio del governo sarà comunque guidato dai numeri. In questa direzione sarà utilizzato il lavoro dell’Osservatorio per il monitoraggio della spesa pensionistica istituito dalla ministra Calderone. Con l’obiettivo di valutare l’impatto delle possibili scelte di oggi non solo nell’immediato ma anche in un arco di tempo più lungo. L’idea è appunto guardare alla sostenibilità del sistema nei prossimi decenni: non solo in termini di impegno finanziario per lo Stato ma anche di adeguatezza dei trattamenti per i futuri pensionati. In questa chiave saranno riaperti alcuni dei dossier che in realtà sono all’attenzione da vari anni (almeno dal 2017) ma che da una legislatura all’altra non hanno mai trovato una sistemazione definitiva. Uno dei più noti è quello relativo alla pensione di garanzia per i giovani. Il tema è noto: i molti lavoratori con carriere discontinue rischiano, in base alle regole del sistema contributivo, di mettere insieme un assegno troppo basso, pur lavorando almeno potenzialmente fino alle soglie dei 70 anni. Si tratta quindi di costruire per loro una sorta di paracadute che assicuri almeno una base dignitosa.


LA PROPOSTA
Nella stessa logica rientra la proposta dei sindacati di riaprire i termini per la scelta di destinare il Tfr alla pensione integrativa, dopo l’operazione scattata quindici anni fa. In generale si punta a potenziare il canale dei fondi complementari, che hanno ancora un bacino limitato dopo essere stati penalizzati, per quanto riguarda i versamenti, anche dai vari periodi di crisi degli ultimi anni. Il governo dovrebbe fare la sua parte prevedendo opportuni aiuti fiscali per chi sceglie di occuparsi in questo modo del proprio futuro previdenziale.
Al ministero del Lavoro c’è poi particolare attenzione per un tema che in verità non è nuovo ed è stato già sperimentato, con diverse formule, nel nostro ordinamento: la cosiddetta “staffetta generazionale”. Si tratta di incoraggiare l’uscita dei lavoratori anziani graduale in concomitanza con l’assunzione di giovani, i quali potrebbero essere “affiancati” nella prima parte della loro carriera.
 

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