Mar Rosso, l’industria italiana rischia di restare senza materie prime: ferro, acciaio e microchip

Allarme anche della Coldiretti: a rischio esportazioni di frutta per mezzo miliardo di euro

Mar Rosso, l’industria italiana rischia di restare senza materie prime: ferro, acciaio e microchip
di Jacopo Orsini
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Domenica 14 Gennaio 2024, 01:38 - Ultimo aggiornamento: 01:43

Materie prime a rischio in Italia se si blocca il traffico nel Mar Rosso per le crescenti tensioni scatenate dalla guerra a Gaza. La fuga delle navi da uno dei tratti di mare più strategici per il commercio mondiale, prese di mira degli attacchi dei ribelli Houthi dello Yemen, potrebbe avere ripercussioni pesanti su tutto il sistema economico italiano. 
L’industria tricolore ha bisogno infatti di materie prime, ferro e acciaio soprattutto, ma anche di prodotti elettronici, microchip in testa, se il commercio si ferma le conseguenze potrebbero presto farsi sentire, anche sui consumatori. Già in Germania la Tesla, a causa della mancanza di componenti, è stata costretta a sospendere la produzione di veicoli nella fabbrica di Berlino. E anche la svedese Volvo ha annunciato di aver dovuto bloccare le linee dello stabilimento di Gand in Belgio, indicando come motivazione proprio le interruzioni nella catena di approvvigionamento dovute agli attacchi nel Mar Rosso.


LA SCADENZA
A mettere in evidenza i rischi di un blocco della circolazione nell’area mediorientale, da cui passa circa il 12% dei movimenti a livello mondiale e il 30% del traffico di container globale, è un rapporto dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale). L’intensificarsi degli attacchi alle navi mercantili che attraversano lo stretto di Bab el-Mandeb e il mar Rosso da parte dei ribelli Houthi potrebbe portare a ritardi nelle consegne, diminuzione dei container e cargo disponibili, aumento delle tariffe di spedizione e trasferimento dei maggiori costi di trasporto ai consumatori finali. Un allarme lanciato subito anche dalle associazioni dei consumatori.


I costi di trasporto attraverso Suez stanno aumentando anche a causa della crescita dei premi assicurativi. Maersk e diverse altre compagnie di navigazione hanno annunciato di voler dirottare le navi intorno al capo di Buona Speranza, con una rotta che aggiunge 3.200 miglia e nove giorni di viaggio. Con la crisi nel Mar Rosso, e i rallentamenti nel canale di Panama per la siccità, intanto tutte le tariffe mercantili sono in rialzo proprio quando si stavano smaltendo gli effetti nocivi della pandemia Covid: nella prima settimana di gennaio 2024 il costo di trasporto dei container è aumentato del 61%, raggiungendo i 2.670 dollari.


IL GRANO
Attraverso il canale non transitano comunque solo container ma anche flussi rilevanti di grano e prodotti petroliferi. Il traffico di greggio attraverso il canale di Suez era praticamente raddoppiato dopo l’invasione russa dell’Ucraina ma ora le grandi compagnie stanno riorganizzando le rotte. 
Le difficoltà alla navigazione nel Mar Rosso mettono a rischio anche circa mezzo miliardo di esportazioni di frutta e verdura made in Italy dirette in medio oriente, India e sud est asiatico. È quanto stima la Coldiretti. «L’allungamento delle rotte marittime tra Oriente e Occidente, costrette ad evitare il Canale di Suez, a causa dei ripetuti attacchi terroristici, hanno portato - sottolinea l’associazione degli agricoltori - ad aumenti vertiginosi del costo dei trasporti marittimi e dei tempi di percorrenza». 


I TEMPI
Per portare l’ortofrutta italiana in India, spiega la confederazione, «attraverso lo stretto di Suez il tempo impiegato era di circa ventotto giorni ora invece dovendo circumnavigare il continente africano si arriva a più di quaranta giorni con l’allungamento dei tempi che potrebbe creare problemi di conservazione del prodotto fresco con il rischio di perdere fette importanti di mercato che sarebbero poi difficili da recuperare. Inoltre si registra un aumento dei costi stimabile in 6/7 centesimi per ogni chilogrammo di merce trasportata che incide sulla competitività delle esportazioni nazionali». In gioco c’è un mercato verso il quale l’Italia ha portato oltre 217 milioni di chili di frutta, di cui oltre 182 milioni di chili mele, con principali destinazioni l’Arabia Saudita, l’India e gli Emirati Arabi.
 

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