Agricoltura, UE tenta di arginare l'effetto Ucraina: ecco perché non sarà sufficiente

Agricoltura, UE tenta di arginare l'effetto Ucraina: ecco perché non sarà sufficiente
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Venerdì 25 Marzo 2022, 18:30
(Teleborsa) - La guerra in Ucraina ha certamente messo in tensione il mercato delle commodities agricole, ma gli effetti di un "cambiamento" si erano iniziati a vedere già prima dell'invasione russa e sembrano più legate a fasi del ciclo ed alla "risposta" dell'inflazione alle politiche adottate dalle autorità monetarie. L'UE ha annunciato interventi per sostenere la politica agricola comune, con modalità che non sono sempre state giudicate sufficienti da Confagricoltura, ma anche sulla politica agricola l'Unione è relativamente "giovane" e deve crescere.

L'impennata dei prezzi

Una analisi di Confagricoltura dell'indice dei, prezzi della FAO, che ha raggiunto a febbraio un nuovo record storico, lascia intravedere che la crisi è iniziata ben prima dell'invasione dell'Ucraina, a maggio 2020 e, soprattutto, sembra replicare quanto avvenuto nel 2007-2008, in concomitanza della crisi finanziaria innescata da Lehman Brothers, dopo una fase di relativa stagnazione dei prezzi cerealicoli.

Sembrerebbe dedursi quindi che questa crisi bellica si sia innestata su un'alternanza di carenze e rincari già in atto da qualche tempo, amplificata poi dalle consuete operazioni finanziarie di arbitraccio sulle borse merci, ad esempio quella del Chicago Mercantile Exchange ed altre borse delle commodities. Il prezzo del wheat (frumento) ad esempio ha fatto un balzo del 53% sul CME dall'inizio della guerra in Ucraina passando da 9 a 13,7 dollari per bushel, ma registrava già un aumento dell'80% dai circa 5 euro di maggio 2020 ai 9 euro di febbraio 2022.

Guardando all'andamento dei prezzi dei prodotti agricoli appare più stretto il legame con i prezzi energetici e dei fertilizzanti: da fine 2020 ad oggi si registra un raddoppio del prezzo del greggio, un aumento del 379% per il gas ed aumenti similari per i fertilizzanti (urea e polifosfati). E appunto una crescita dell'80% del prezzo del grano e delle altre materie prime agricole.

Ciò si è tirato dietro un forte aumento dei costi di produzione in ambiente agricolo, in particolare per fertilizzanti, energia, foraggi e mangimi, con incrementi a due cifre per gran parte dei fattori produttivi.

Quanto dipende l'Italia dall'estero?

In una situazione di questo genere è necessario allora capire quanto l'Italia dipende dall'estero per l'approvvigionamento delle commodities agricole e quanto l'impatto dei prezzi potrebbe influenzare la nostra crescita.

"L'import dell'Italia dalla Russia e dall'Ucraina è particolarmente concentrato sulle commodities agricole", spiega in una intervista Vincenzo Lenucci, direttore Area Politiche europee e Internazionali Confagricoltura, indicando che il 70% dell'export dell'Ucraina verso l'Europa è composto da oli vegetali (oli di girasole, cereali e semi oleosi) cui si si aggiungono soia e grano in misura minore. Lo stesso vale per la Russia: la gran parte dell'export è fatto di semi oleosi, oli vegetali e poi anche grano.

Quanto all'Italia, si importa olio di girasole grezzo, che rappresenta il 50% del totale delle importazioni da Kiev, mentre il 20% è rappresentato dal mais. L'Ucraina è infatti il secondo fornitore di mais dell'Italia, dopo l'Ungheria ed insieme rappresentano circa il 45% del mais importato in Italia, che è essenziale per l'alimentazione animale (zootecnia). Ecco perché il temporaneo stop annunciato qualche tempo fa dall'Ungheria aveva fatto sollevato un grido d'allarme degli allevatori in Italia, ma ne è seguito un passo indietro dal momento che l'Ungheria è parte della UE.

"Si è parlato molto delle importazioni dell'Italia di grano duro e grano tenero, ma in realtà da questi prodotti non abbiamo una forte dipendenza", precisa Lenucci, ricordando che il grano tenero viene importato per la quasi totalità dall'Unione Europea. Proprio l'UE è uno dei "top four" della produzione mondiale di grano assieme ad India e Cina, che lo usano per l'autoconsumo, e l'accoppiata Ucraina-Russia, che in questo caso non esportano all'UE, già ben rifornita.

Il pacchetto di aiuti della UE

A fronte di questa situazione e dei rischi per la sicurezza globale, l'UE ha messo a punto un pacchetto di misure "molto articolato" che include aiuti umanitari e risorse per sostenere il settore agricolo comune, in danaro e in misure volte ad aumentare la produzione interna.

"La guerra della Russia contro l'Ucraina ha creato una pletora di problemi, anche in relazione alla sicurezza alimentare mondiale", ha detto il vicepresidente Vadis Dombrovskis, aggiungendo "sebbene l'UE non si trovi di fronte a rischi per la sicurezza alimentare, dovremmo comunque risolvere le questioni relative all'accessibilità economica dei prodotti alimentari e adottare misure per rendere la nostra agricoltura e le nostre catene di approvvigionamento alimentare più resilienti e sostenibili per rispondere a crisi future".

Sono stati stanziati innanzitutto 330 milioni favore dell'Ucraina per assicurare l'accesso ai beni e ai servizi di base e alla protezione della popolazione. Dello stesso tenore la possibilità degli Stati membri di abbassare le aliquote IVA, fissare un tetto ai prezzi dei beni alimentari o attingere al Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) per migliorare l'accessibilità economica dei prodotti alimentarie sostenere i consumi alimentari.

E' stato poi decisa l'attivazione della riserva anti-crisi del valore di 500 milioni di euro, cui gli Stati membri potranno aggiungere ulteriori 1.000 milioni, per sostenere i produttori più colpiti dalle gravi conseguenze della guerra in Ucraina, dando priorità al sostegno agli agricoltori impegnati in pratiche sostenibili (gestione fertilizzanti, pratiche di economia circolare e così via). Per l'Italia questo si traduce in circa 48 milioni di euro aggiuntivi, che potranno essere incrementati di ulteriori 96 milioni grazie al cofinanziamento nazionale consentito dalla Commissione.

Decisa anche una deroga eccezionale e temporanea al vincolo del 5% dei terreni lasciati a riposo (set-aside) annualmente, mantenendo però le proporzioni di inverdimento per gli agricoltori, nell'intento di incrementare la capacità produttiva dell'UE nonostante la limitata disponibilità di terreni fertili.

Confagricoltura soddisfatta a metà: risorse assegnate "contenute e vincolate"

Per Confagricoltura quello fatto dalla Commissione europea è "un passo decisivo, ma sicuramente non sufficiente" a fronteggiare la crisi che si è innescata.

Per quanto riguarda i fondi anti-crisi, l'associazione sottolinea che all'Italia andranno meno di 150 milioni, una cifra molto "contenuta" rispetto al danno prodotto. In più la decisione di rendere disponibili queste risorse ai produttori che attuino pratiche sostenibili costituisce un "vincolo" alla distribuzione degli aiuti.

Anche l'intervento volto ad aumentare le superfici coltivate sul 5% dei terreni incolti è benvenuto dall'associazione che rappresenta le imprese agricole italiane, ma anche qui si rileva una portata limitata e la presenza di vincoli, perché gli agricoltori sono tenuti a mantenere la diversificazione delle colture ed in più c'è un terzo vincolo che riguarda il divieti di diversificazione delle colture foraggere in colture seminative.

"Avremmo voluto che cisi esentasse quest'anno anche da questo impegno ma Bruxelles non l'ha fatto", commenta Lenucci, ribadendo "di vincoli ora non abbiamo bisogno, c'è bisogno di flessibilità, non di vincoli, per cercare di sprigionare tutto il nostro potenziale
produttivo".

Lenucci ricorda poi che, dato il periodo dell'anno, la semina primaverile riguarda solo taluni prodotti, come mais, soia ed altre erbacee primaverili, ma non certamente la produzione di frumento per la quale occorrerà attendere la semina autunnale per la raccolta nell'estate 2023.

Le richieste di Confagricoltura sono, nell'immediato, un allentamento dei vincoli relativi all'inverdimento (superficie a riposo, diversificazione culture ecc) ed in prospettiva una rivisitazione della politica agricola comune (PAC) che, ponendo a rischio produzione e produttività, rischia di diminuire anziché migliorare l'auto-approvvigionamento.

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