Energia a rischio, la diplomazia del gas alla ricerca dell'equilibrio tra conflitti e forniture

Il gas ha assunto lo status di commodity globale

Energia a rischio, la diplomazia del gas alla ricerca dell'equilibrio tra conflitti e forniture
di Gianni Bessi
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Mercoledì 1 Novembre 2023, 15:48 - Ultimo aggiornamento: 2 Novembre, 08:11

L'attacco di Hamas a Israele e la risposta di Tel Aviv, al di là della tragedia in termini di perdita di vite umane come in ogni conflitto, hanno prodotto un effetto inevitabile sul prezzo delle commodity energetiche, che l’area del Medio Oriente offre in grande quantità.

Per andare subito al nocciolo, le quotazioni di greggio e gas hanno conosciuto spinte rialziste. Se la crescita in questi mesi del prezzo del petrolio, dovuta alla politica dei tagli alla produzione dell’Opec+, non è inedita, la quotazione del gas, dopo i picchi conosciuti con la crisi russo-ucraina, si era stabilizzata ormai da tempo sui 30 euro. Il gas grazie proprio al nuovo ruolo giocato dal Gnl, con la rete di metaniere e rigassificatori, ha assunto lo status di commodity globale.

LO SCENARIO

Questo equilibrio è però continuamente messo in discussione soprattutto se incide su un’area strategica come il Mediterraneo orientale. Prima di questo conflitto molti passi erano stati compiuti per creare un “sistema East-Med” che coinvolgesse Paesi produttori e consumatori. A gennaio 2019 Italia, Egitto, Cipro, Grecia, Israele, Giordania e Autorità Palestinese hanno dato vita all’East Med Gas Forum, avviando un dialogo per la costituzione di un mercato del gas regionale e promuovendo progetti comuni di infrastrutture per il suo trasporto. Il gas, insomma, stava assumendo il ruolo di strumento di integrazione, in una modalità simile a quella avvenuta in Europa con la Ceca (Comunità del carbone e dell’acciaio). Tra gli attori, uno dei principali è l’Egitto che grazie al lavoro del giacimento di Zohr ha soddisfatto la domanda interna di gas e ha riattivato gli impianti di Gnl per l’export, massimizzando l’utilizzo delle infrastrutture esistenti inclusi la pipeline che lo collega con Israele, Giordania, Libano e Siria. Servirà tempo, ma sarà necessario comprendere l’impatto che la nuova crisi avrà sulla “diplomazia del gas”. Israele sta mettendo in sicurezza gli obiettivi strategici e in quest’ottica ha sospeso le attività del campo di Tamar, che è vicino alla striscia di Gaza. Uno dei giacimenti più importanti dell’East-Med è proprio il Leviathan israeliano, che ha permesso al primo ministro Benjamin Netanyahu di ascrivere il proprio Paese a “potenza energetica” mondiale. Un esempio lampante dello scenario indotto dalla potenzialità dell’area East Med è l’inversione dei flussi di gas da Israele verso l’Egitto operata nel “gasdotto della pace”, come è conosciuto dagli operatori fin dal 2008, anno della sua inaugurazione. Questa pipeline viaggia per circa 90 chilometri sul fondo del Mediterraneo, tra la città israeliana di Ashkelon (l’antica Ascalona conquistata dai Crociati nel 1153 e riconquistata da Salah ad-Din nel 1187) e il terminale egiziano di Al-Arish, sulla costa della penisola del Sinai: Snam nel 2021 ha rilevato dal gruppo PTT Pubblic Company Limited il 25% diPTT Pubblic Company Limited società proprietaria del gasdotto. Questo nuovo scenario geopolitico ha prodotto una reazione interlocutoria dei mercati sul prezzo del gas: l’indice Ttf di Amsterdam per i future è previsto che si manterrà attorno ai 50 euro.

Ma l’esperienza maturata in questi ultimi anni ci insegna che il mercato del gas presenta elementi di volatilità estrema: un esempio è il recente sciopero degli operatori in Australia, che è un grande produttore di Gnl, oppure i danni prodotti da un tifone nelle coste del golfo del Messico lato Luisiana, che è dove gli Usa hanno gli impianti di gassificazione, o la stima dei flussi di gas naturale liquefatto verso la Cina, sempre in bilico di questi tempi fra aumento o contrazione (Bloomberg stima fino ai 37,7 milioni di tonnellate, un aumento del 12% rispetto allo scorso inverno).

I RAPPORTI

 La Cina a differenza della Russia che si avvantaggia dalle tensioni prodotte dai conflitti, ha interesse a mantenere stabile l’area mediorientale. In particolare per i rapporti di partnership con l’Iran e l’Arabia Saudita. Al punto che ha mosso la diplomazia per cercare di trovare un’intesa fra Teheran e Riad. In tale area un altro player che ha manifestato vicinanza ad Hamas è il Qatar che è uno dei leader nell’export del Gnl. Proprio dall’emirato dopo il 7 ottobre è arrivato un segnale sull’importanza di possedere equity gas, come dimostrano i contratti a scadenza 27 anni recentemente sottoscritti da TotalEnergies ed Eni. È un segnale che conferma come la situazione attuale, lo ha ammesso l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi, non ha impatti sul fronte della produzione mentre ovviamente bisognerà tenere d’occhio quanto tale conflitto potrà andare in profondità. Insomma, quando si maneggia il tema energetico e le sue potentissime forze speculative che muovono interessi giganteschi vale di più la memoria delle crisi energetiche successive alla guerra dello Yom Kippur o a quella Russo-ucraina, o è meglio puntare sulla capacità del mondo di imparare dalle esperienze e quindi innescare dinamiche di cambiamento? Un po’ di ottimismo non guasterebbe. Vedremo.

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