Petrolio, Morgan Stanley: 50 dollari al barile è il prezzo giusto

Petrolio, Morgan Stanley: 50 dollari al barile è il prezzo giusto
di Francesco Bisozzi
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Lunedì 19 Gennaio 2015, 16:11 - Ultimo aggiornamento: 30 Gennaio, 12:47
Il prezzo del petrolio risulta più che dimezzato rispetto alla scorsa estate e questa settimana ha ripreso a perdere terreno, ma secondo un analista di Morgan Stanley è inopportuno parlare di crollo dell'oro nero. A sostenerlo è Ruchir Sharma del Morgan Stanley Investment Management secondo cui il prezzo del greggio sta semplicemente tornando al suo livello normale che, alla luce della media storica degli ultimi 100 anni, tenuto conto dell'inflazione, corrisponde appunto a quota 50 dollari al barile. Stando a quanto emerso dalle analisi di lungo periodo di Sharma non ha dunque senso parlare di anomalia al momento attuale.



«Il greggio ha varcato la soglia dei 50 dollari da appena un decennio», ha ricordato l'analista di Morgan Stanley. Stando alle cui conclusioni ci troveremmo di fronte alla fine di un superciclo delle commodities innescato nella seconda metà degli anni Novanta dalla crescita della Cina. Di più. Sharma, che nelle sue analisi di lungo periodo si è spinto indietro di 200 anni, è giunto alla conclusione che in seguito a un decennio di prezzi alti le commodities storicamente subiscono un ridimensionamento che dura all'incirca un ventennio.



Risultato: l'esperto prevede che il ciclo di prezzi bassi sia destinato a durare per i prossimi 10-15 anni. Ovvero fin quando la crescita dell'India e forse dell'Africa (e un conseguente boom della domanda) non riporteranno in alto le quotazioni del greggio proprio come è successo in precedenza grazie all'ascesa dell'economia cinese. La previsione di Sharma farà senz'altro piacere ai Paesi importatori, alle compagnie aeree, agli automobilisti. Ma di certo non verrà bene accolta dai Paesi esportatori e dalle major del settore petrolifero.



Per gli analisti di Mediobanca, che il 15 gennaio hanno pubblicato un report sull'impatto che il calo del petrolio avrà sulle maggiori economie mondiali oltreché sulle aziende italiane, il Pil Usa rischia di perdere a causa del buco dell'oro nero l'1,7%. A rischio anche la Germania (-1,09%). In Italia (che grazie al calo del greggio potrebbe guadagnare mezzo punto di Pil sempre secondo Mediobanca) le aziende del settore dei trasporti, dell’auto e del cemento (da Atlantia a Buzzi) potrebbero trarre giovamento dal contesto attuale, mentre per Eni, Enel e Saipem la situazione per ovvie ragioni è completamente diversa.



Oggi il petrolio, che nei giorni scorsi aveva toccato i minimi dal 2009 scivolando a quota 45 dollari al barile per poi rialzare momentaneamente la testa, ha ripreso a perdere terreno, con il Brent sotto quota 50 dollari al barile e il Wti a 48 dollari al barile. Nei prossimi mesi secondo gli analisti il prezzo del petrolio è destinato a scendere ancora: nel primo trimestre di quest'anno viene visto da molti sotto il tetto dei 45 dollari.
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