Silvia Gioja: «In fondo al tunnel c'è il mio record. Lavoro in Belgio, in Italia le mamme sono penalizzate»

Silvia Gioja: «In fondo al tunnel c'è il mio record. Lavoro in Belgio, in Italia le mamme sono penalizzate»
di Valentina Venturi
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Sabato 13 Maggio 2023, 07:51 - Ultimo aggiornamento: 16:23

La migliore donna a livello europeo nell'ambito della progettazione dei tunnel e delle costruzioni sotterranee è italiana, originaria di Tivoli. Silvia Gioja, 40 anni ad agosto, è "Best Woman In Tunnelling & Underground Construction". Il suo è un percorso lineare: si laurea in Ingegneria Edile-Architettura U.E. con lode alla Sapienza di Roma, inizia a lavorare in Italia ma ben presto decide di trasferirsi in Belgio con il marito ingegnere meccanico. E qui la sua carriera di ingegnera si afferma: Gioja attualmente è BIM Manager e BIM Lead&Digital Twins Lead del reparto di Infrastrutture di Arcadis Belgio ed è membro di diverse organizzazioni di Ingegneria e BIM.

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Le piace essere definita la "donna dei tunnel"?
«Aver vinto nel 2021 il concorso dei tunnel è stata un'esperienza bellissima anche perché dopo c'è stato il riconoscimento come una delle tre donne più influenti nelle costruzioni del Belgio. Devo ammettere che non me l'aspettavo. Sono stata selezionata a pochi giorni dalla scomparsa di mia madre. È stato duro rimanere lucida e portare avanti il lavoro tra preselezioni, selezioni dei finalisti e il colloquio conclusivo dopo solo due giorni dalla sua morte. È stata una prova di forza di cui vado fiera».
Come si sente?
«Aver finalizzato il percorso nonostante quelle difficoltà ha avuto una profonda valenza simbolica, ma dall'altra parte non credo di aver fatto niente di speciale rispetto ad altre donne che seguono diverse incombenze nella propria vita, tra lavoro e famiglia e magari non hanno la mia fortuna: avere al fianco un marito che mi aiuta con i figli, anche perché in Belgio non ho parenti. Come diceva Amalia Ercoli Finzi, la prima donna ingegnere aerospaziale, servono nervi d'acciaio, salute di ferro e un marito d'oro. Se hai queste tre caratteristiche potrai fare qualcosa di buono!».
Quanti figli ha?
«Due. Mattia è nato il 6 aprile 2020 proprio durante la chiusura per la pandemia, Luca compie un anno a maggio. Quando sono andata via dall'Italia a 32 anni, ero convinta che non avrei mai messo al mondo un figlio: non mi sentivo nella condizione di poter portare avanti lavoro e famiglia».
In che senso?
«In Italia non avevo un attimo di respiro. Sebbene anche qui l'impegno sia molto, a meno di esigenze specifiche su alcuni progetti in scadenza, non mi viene chiesto di restare fino alle 23 di sera a lavorare».
In Belgio la donna ha più facilità a dedicarsi alla professione?
«All'estero non è tutto oro quello che luccica, ma la donna viene equiparata alla figura maschile».
Quello dell'ingegneria è davvero un mondo per uomini?
«Ho lavorato in diversi contesti professionali e ho sempre trovato molte donne ingegneri e architetti. Ma purtroppo ho potuto riscontrare che spesso le donne che scelgono di gestire sia una carriera che una vita familiare sono penalizzate. Sebbene viva da tempo all'estero, mantengo uno sguardo attento sull'Italia grazie all'iscrizione all'Associazione Italiana Donne Ingegneri e Architetti».
Com'è nata la passione per la costruzione di tunnel?
«Nel 2014 ho iniziato a lavorare nel settore Bim (Building Information Modeling), proponendolo come alternativa intelligente all'architettura tradizionale. Ho lavorato a Doha in Qatar, occupandomi della Red Line South Underground, per poi scegliere il Gruppo Arcadis e trasferirmi in Belgio. Essendo Anversa uno dei porti più importanti in Europa in Belgio hanno la necessità di tenere libera la via fluviale, preferendo i tunnel sommersi ai ponti. Sono stata coinvolta nel progetto di rinnovo dei tunnel delle Fiandre».
Ingegnere o ingegnera?
«Per me va benissimo essere chiamata ingegnere o architetto, l'importate è il risultato. Mio padre era geometra e per farci crescere non ha avuto il tempo di diventare ingegnere. Per questo essere chiamata ingegnere Gioja significa portare anche mio padre nella mia professione».
Ha dei riferimenti professionali?
«Oltre ad Emma Strada (la prima donna in Italia a laurearsi in ingegneria, ndr), è fonte d'ispirazione Stephanie Shirley: oggi una ricca filantropa che ha creato un impero tecnologico, ma all'inizio per avere credibilità si faceva chiamare Steve». Quale consiglio darebbe alle future ingegnere?
«Di non aver paura del cambiamento, di provarci: il percorso si costruisce anche sugli errori, c'è sempre tempo di raddrizzare il tiro. Comunque vale la pena tentare».

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