I veterinari aggrediti come i medici: «A volte succede dopo la morte di un animale, tante ansie pericolose»

Giovanni Ferrari: "Soffriamo anche bournout.. L'ultima soddisfazione nel lavoro? Quando sono riuscito a curare una volpe"

I veterinari aggrediti come i medici: «A volte succede dopo la morte di un animale, tante ansie pericolose»
di Maurizio Di Biagio
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Giovedì 26 Ottobre 2023, 08:59 - Ultimo aggiornamento: 09:17

Dopo i medici, anche i veterinari sono vittima di aggressioni di clienti insoddisfatti delle cure dei loro animali, soprattutto quando l'esemplare muore e si spezza quel legame profondo che li lega. Anche il veterinario, al pari di un medico, ad esempio, del pronto soccorso, può avere il burnout,  una condizione di disagio psicofisico connesso al lavoro che svolge. Si manifesta quando i clienti sono difficili «oppure - come spiega il 46enne veterinario di TeramoGiovanni Ferrari – quando il legame tra animale e uomo è così forte che quando capita qualcosa di brutto, il veterinario è spesso oggetto di aggressioni verbali, è difficile gestire la sofferenza uomo - animale. Si raccolgono tante ansie che sono pericolose. Addirittura, in Gran Bretagna il tasso di suicidi è di una certa importanza».

IL FENOMENO

Crescono di numero le cliniche per cani e gatti nel capoluogo abruzzese, ma più in genere l’amore per l’animale da affezione (in Italia sono più di 60 milioni, in buona sostanza uno in ogni famiglia), categoria che contempla anche pesci, uccelli e piccoli mammiferi. Una svolta che si è notata soprattutto dopo il Covid-19 in città e di conseguenza anche il mercato del pet food sta assistendo in centro e in periferia a svariate aperture di esercizi del settore. Un trend che comprende l’animalismo in genere, che soprattutto sui social si presta a bollenti diatribe tra i vari attori su orsi, colonie feline e tanto altro ancora. «Col passar del tempo c’è stata una maggiore sensibilizzazione - spiega Giovanni Ferrari - sviluppata recentemente anche con la pandemia che ha visto animali e uomini chiusi nello stesso ambiente per più tempo. Ma c’è un approccio diverso, a tutto tondo ora: si è instaurato spesso un rapporto quasi parentale, anche amicale in taluni casi, se non funzionali quando si tratta di cani da caccia ad esempio. Gli animali, del resto, sono senzienti e hanno bisogno di noi». 

Ferrari, sposato con Melania, lavora come associato alla clinica veterinaria L’Arca, sorta in città nel ‘97.

Il lavoro è frenetico di questi tempi: «Quello nostro è molto simile alla medicina, ma a differenza di quest’ultima su di noi pesa un regime fiscale più oneroso, abbiamo l’Iva al 22%, per di più abbiamo anche diverse trattenute. Insomma, sul settore grava un peso fiscale rilevante però non ci sentiamo medici di serie B, anche umanamente, anche se il reddito è minore». Arrivare a fare il veterinario non è cosa semplice: «Soprattutto per me che vengo da una famiglia di prof, mio nonno Pierino era poeta, e con la formazione classicistica che mi ritrovavo ho dovuto sudare molto per via del gap». E poi in questo campo non esistono scuole di specializzazione ma come nel caso di Ferrari, tirocini all’Izs. Il lavoro è duro «ma la mia oasi di pace quando torno a case è mia moglie e i due gatti, Sissi e Nello». Il tempo libero, quando ce l’ha, lo passa dinanzi all’altro suo amore più prosaico della collezione di robot anni ‘80: «Forse ci farò una mostra, li ho tutti». L'ultima soddisfazione nel lavoro? «Quando sono riuscito a curare una volpe». Oppure quando fa azioni pro bono, cioè il volontariato a persone che non possono permettersi le cure dei propri cari animali. 

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