Morta dopo la Tac, sentiti tre medici. I familiari: «Sorpresi dall'indagine, aspettiamo la verità»

Mariagrazia Ciccolella, 43 anni, di Pettorano sul Gizio, si era sottoposta a un bendaggio gastrico, ma era affetta anche da patologie pregresse

Morta dopo la Tac, sentiti tre medici. I familiari: «Sorpresi dall'indagine, aspettiamo la verità»
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Sabato 18 Novembre 2023, 10:24

 Morte naturale: la scheda Istat uscita dall’ospedale la sera del 9 ottobre scorso era chiara e netta, tant’è che il direttore sanitario autorizzò, dopo essersi confrontato anche con la famiglia, l’immediato trasferimento della salma nella casa funeraria Santilli a Sulmona, dove il cadavere di Mariagrazia Ciccolella, 43 anni di Pettorano sul Gizio, in provincia dell'Aquila, rimase fino a due giorni dopo, quando cioè venne celebrato il funerale nella chiesa del suo paese, a pochi passi dal ristorante nel quale era cresciuta e nel quale lavorava con la famiglia. Quella famiglia che non aveva chiesto né voluto l’esame autoptico e che, sostiene, di non aver presentato alcun esposto: «Non era e non è nostra intenzione farlo – spiega la sorella della vittima – non capiamo perché la procura abbia voluto riaprire il caso, siamo rimasti sorpresi e attendiamo serenamente gli esiti delle indagini».

Nulla, insomma, che potesse spingere la procura di Sulmona a riaprire il caso. Eppure sul tavolo al terzo piano di piazza Capograssi ora c’è un fascicolo d’inchiesta aperto contro ignoti e nel quale si ipotizza il reato di omicidio colposo. Non è chiaro, però, se gli inquirenti vogliano indagare più sulla gestione della paziente quel 9 ottobre da parte del nosocomio, oppure ricostruire anche la sua storia clinica per verificare, cioè, se possano esserci stati interventi che ne hanno determinato o sono stati concausa del decesso. La donna, infatti, tempo prima si era sottoposta a un bendaggio gastrico e soffriva comunque di patologie pregresse: una forma di diabete che probabilmente le aveva fiaccato quel cuore che si è fermato durante i controlli in ospedale, dove quella mattina Mariagrazia Ciccolella si era recata perché non si sentiva bene, con affanno e debolezza. Prima l’attesa al pronto soccorso, poi la presa in carica dei sanitari, con le sue condizioni che si erano rapidamente aggravate, fino a rendere necessario il ricovero in terapia intensiva. Di qui gli esami alla Tac, macchinario sotto il quale la quarantatreenne poi morì. Nei giorni scorsi la procura di Sulmona ha voluto sentire tre sanitari che gestirono la paziente quel giorno: persone informate dei fatti, non indagate quindi, che si sono presentate in tribunale senza l’assistenza dei propri avvocati. Né la loro deposizione, che è stata coerente a quanto riportato dalla cartella clinica, è stata interrotta dal magistrato: il fascicolo per omicidio colposo, insomma, al momento resta intestato ad ignoti. L’acquisizione della cartella clinica da parte del tribunale e la verifica di quanto raccontato dai tre sanitari, ora determinerà il prossimo passaggio: archiviare o approfondire.
 

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