Il manicomio mai aperto sul lago di Penne: vetri rotti e arredi devastati, eterno monumento allo spreco

manicomio abbandonato a Penne
di Berardo Lupacchini
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Venerdì 12 Aprile 2024, 08:20

Lo spreco continua. È quello del manicomio mai nato, al Carmine. Una struttura sanitaria con vista sul lago di Penne: l'incompiuta storica del capoluogo vestino finita nel 2012 nell'elenco delle opere sanitarie studiate dalla commissione parlamentare sugli sprechi nella sanità. Porte aperte e vetri rotti o chiusi col compensato, bagni fracassati, c'è molto ma fortunatamente non tutto in malora, insomma. È sempre lì da decenni in attesa di vivere con una destinazione convincente. E' un immobile di oltre sedicimila metri quadrati, costato oltre venticinque miliardi di vecchie lire, concluso ben dopo l'entrata in vigore della legge Basaglia che abolì i manicomi in senso tradizionale. Si pensò nei primissimi anni ’90 di farne una residenza per anziani con 120 posti letto.

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C’era ancora la Ulss di Penne numero 10, diretta dai compianti Edmondo Pietrangeli come amministratore e Liberato Bianchini in veste di referente tecnico, poi soppressa a partire dal 1995. Al suo interno, c’è persino un teatro da trecento posti con le poltroncine verdi ancora avvolte dalla plastica. Fino a qualche anno fa c’erano anche, incustodite e con tanto di nomi e cognomi dei degenti, le cartelle cliniche della Medicina generale diretta allora da Oscar Pesa. Ci provò a dargli un futuro anche l’Inail con un'operazione di valorizzazione di una serie di immobili, di cui non si è saputo più nulla.

Nel 2013 fu ipotizzato il trasferimento al Carmine dell'ospedale San Massimo, ma a causa degli alti costi del trasloco e della messa in opera di tutta l'impiantistica il discorso si fermò: si optò dunque per la riqualificazione dell'attuale presidio tornato ad essere di base il cui cantiere, finanziato con sedici milioni di euro, è in corso. L’altro giorno il sindaco Gilberto Petrucci ha fatto un sopralluogo al Carmine. «Pensavo di trovarlo anche peggio. Ci sarà da operare dei carotaggi per verificare il livello di tenuta del cemento armato e il mancato utilizzo della struttura. Un'idea che ho potrebbe essere quella di farlo partire almeno in parte con una residenza assistita». Il Comune avrebbe trovato un accordo con la Asl, che ne è proprietaria, per poterlo prendere in comodato d'uso come ha fatto per l'ex Sert di via Caselli. L'ente locale si assumerebbe l'onere (ha già speso nel 2016 qualcosa come 800 mila euro per liquidare i proprietari dei terreni su cui in parte è stato edificato chiudendo una vertenza nata nel 1973) di rigenerare la struttura.

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