Consigliere comunale dà della «zoccola» alla collega e viene assolto. Per il giudice (donna) il senso è politico

Roberta Salvati: "Questa sentenza ci dice che una donna impegnata in politica, da oggi, potrà essere insultata con termini sessisti"

Consigliere comunale dà della «zoccola» alla collega e viene assolto. Per il giudice il senso è politico
di Patrizio Iavarone
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Venerdì 13 Ottobre 2023, 17:40 - Ultimo aggiornamento: 17:55

Il senso è politico, sostiene il giudice, e il termine “zoccola” non configura una diffamazione. E’ una sentenza che fa già discutere quella adottata dalla giudice di pace di Sulmona, Gianna Cirpriani, che l’altro giorno ha assolto l’ex consigliere comunale, già sindaco della città e presidente di Provincia, Bruno Di Masci.  Il caso esplose nel settembre di cinque anni fa, quando la consigliera comunale Roberta Salvati, si presentò in aula con la registrazione di un video che circolava sulle chat di whatsapp e nel quale si vedeva Di Masci che, in una conversazione telefonica privata all'interno di un negozio di Sulmona, apostrofava la sua collega di consiglio con un termine non proprio elegante. Ne seguì una baraonda in Consiglio, con la stessa Salvati che venne allontanata dall’aula e il caso che non tardò dal trasferirsi da palazzo San Francesco alle aule giudiziarie. Una frattura mai ricomposta tra i due consiglieri tant’è che quando Di Masci, andò con la Casini, passando tra i banchi della maggioranza, la Salvati che in maggioranza già c’era, decise di passare all’opposizione.

Quindi la lunga vicenda giudiziaria che, a detta della stessa Salvati, che ha annunciato ricorso in appello, non si è conclusa certo con la sentenza di assoluzione dell’altro giorno. «Lo sconcerto per la pronuncia resa si accresce se si considera che proviene da una giudice donna – commenta la Salvati -. Non è forse violenza verbale riferirsi a una donna con simili espressioni? Come può la comunità politica sulmonese accettare di essere svilita fino a questo punto? Cosa ci dice questa sentenza? Ci dice che una donna impegnata in politica, da oggi, potrà essere insultata con termini sessisti e denigratori senza conseguenze, il che è grottesco, oltreché inaccettabile. La politica – aggiunge la ex consigliera - dovrebbe essere uno spazio in cui le persone sono giudicate e anche criticate per le loro idee, il loro impegno e la loro capacità, ma ciò deve avvenire nel rispetto dell'altrui personalità». «Che un giudice, peraltro donna – aggiunge Luigi D’Eramo, coordinatore regionale della Lega, partito nel quale nel frattempo la Salvati è passata -, definisca un epiteto che ha una chiara connotazione come una metafora riferita alla sfera politica ci lascia quantomeno perplessi.

La nostra solidarietà alla collega Roberta Salvati, offesa di nuovo da una sentenza che condona offese di genere e sessiste». 

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