Alessandro Cecchi Paone a giudizio per diffamazione: criticò la Asl di Teramo sulla gestione del Covid

Una vicenda avvenuta a novembre del 2020 in diretta televisiva durante la trasmissione "Storie Italiane". Disse: «Siete diventati rossi perché fate morire la gente a casa»

Cecchi Paone a giudizio per diffamazione: criticò la Asl sulla gestione del Covid
di Teodora Poeta
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Sabato 29 Luglio 2023, 08:02 - Ultimo aggiornamento: 30 Luglio, 10:38

A tre anni dall'inizio della pandemia da Covid, quando poi a Teramo scoppiò il caso della mamma dell'avvocato Domenico Giordano finito anche sulle cronache nazionali, la procura ha deciso di mandare a processo con una citazione diretta a giudizio per diffamazione contro la Asl di Teramo il giornalista e divulgatore scientifico Alessandro Cecchi Paone.

Una vicenda avvenuta a novembre del 2020 in diretta televisiva durante la trasmissione "Storie Italiane" andata in onda su RaiUno. Quel giorno Cecchi Paone era ospite in studio e tra gli argomenti trattati si parlò anche del decesso della 79enne Vincenza Gulli, mamma dell'avvocato Giordano, il quale, invece, era in collegamento da Teramo così come il direttore sanitario della Asl di Teramo, Maurizio Brucchi, pronto a replicare a nome dell'azienda sanitaria.

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L'accusa

L'accusa che veniva mossa in quel difficile momento dal figlio della donna deceduta mentre era positiva al Covid era al sistema sanitario e ai medici di base che, a suo dire, scaricavano le responsabilità sulle unità speciali di continuità assistenziale. «Ed è per questo che l'Abruzzo è rosso, perché non ce la fanno», è stato il primo attacco di Cecchi Paone. Che ha poi proseguito a conferma di quanto stava raccontando l'avvocato Giordano: «Anche l'Abruzzo è rosso perché si è accorto da solo, prima che glielo dicesse il Governo, che non sono capaci... che non esiste l'assistenza territoriale». Fino ad arrivare ad uno scontro diretto con Brucchi: «Perché siete diventati rossi? Perché la gente è abbandonata in questo modo.

Lei più che parlare dovrebbe fare. Siete diventati rossi perché fate morire la gente a casa».

Frasi che sono tutte riportate nel capo d'imputazione con la trasmissione che è ancora possibile rivederla su Raiplay. Secondo l'accusa, infatti, Cecchi Paone dicendo, inoltre, «lei deve lavorare, non deve parlare, lei dovrà rispondere di come è diventato direttore generale della Asl, di chi ce l'ha messo e perché... e di come è diventato zona rossa l'Abruzzo... è anche colpa sua» avrebbe offeso l'immagine e la reputazione di Maurizio Di Giosia, «travalicando i limiti della contingenza si legge nel capo d'imputazione e del rispetto della verità o verosomiglianza dei fatti riferiti, lungi dall'essere manifestazione del diritto di cronaca quale estrinsecazione della libertà di manifestazione del pensiero, sfociando in offese personali gratuite». Accuse che, però, adesso dovranno essere dimostrate a processo con l'udienza, davanti al giudice monocratico, già fissata per il prossimo ottobre quando la Asl, assistita dall'avvocato Guglielmo Marconi, si costituirà parte civile contro Cecchi Paone. Lo stesso mese in cui il gip Roberto Veneziano dovrà valutare se archiviare definitivamente o meno anche le posizioni dei sei indagati per la morte di Vincenza Gulli per la quale, dopo l'opposizione all'archiviazione, il giudice ha rimandato gli atti alla procura e ha ritenuto di disporre, su iniziativa del pm, una consulenza tecnica medico legale per ulteriori indagini.

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