“La regina dei mari” di Lapierre
Quando una donna è al comando

“La regina dei mari” di Lapierre Quando una donna è al comando
di Rita Sala
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Domenica 4 Maggio 2014, 14:32 - Ultimo aggiornamento: 8 Maggio, 10:43
La libert, Sancho, uno dei doni pi preziosi che Dio abbia dato agli uomini, n possono paragonarsi ad essa i tesori che racchiude la terra o ricopre il mare: per la libert, come per l’onore, si pu e si deve arrischiare la vita.





Con questo distico, dal Don Chisciotte di Miguel De Cervantes, Alexandra Lapierre apre la sua nuova opera, La regina dei mari, appena uscito nelle librerie italiane (Il Saggiatore, 459 pagine, 19 euro). Protagonista, al solito, una donna. Come in Artemisia (il magnifico ritratto dedicato alla pittrice romana Artemisia Gentileschi). Come ne La dissoluta (Elizabeth Chudleigh, duchessa di Kingston). Come in Fanny Stevenson (la moglie di Robert Luis).

Ancora una donna al centro del prossimo libro, non è vero?

«Certo. Una donna russa del XIX secolo, protagonista occulta della Rivoluzione d’Ottobre. Sto già scrivendo».

Torniamo alla “Regina dei mari”, Isabel de Barreto da Pontevedra, classe 1567. Dove e come l’ha incontrata?

«Su un vecchio codice scovato nell’Archivo de las Indias, a Siviglia. In una frase che la definiva la sola donna ammiraglio della Invincibile Armata. Di lei poco altro. Tutto, invece, sul primo marito, Álvaro de Mendaña y Neira, che sulla scorta dei grandi viaggitori del tempo inseguiva un grande sogno: trovare il quinto continente, l’Australia. Ho cercato a lungo, in Spagna e quindi in Perù. Fortunatamente Filippo II aveva un apparato amministrativo affilatissimo. Ogni persona che partiva per il Nuovo Mondo doveva compilare una scheda circostanziata: livello sociale di appartenenza, fedina penale più o meno immacolata, caratteristiche fisiche, segni particolari. Del marito di Isabel, ad esempio, ho trovato addirittura l’annotazione “lentiggini sulle mani”. Altri elementi li ho desunti da documenti del secolo successivo, redatti dai nipoti di Isabel. I discendenti chiedono alla corona di Spagna risarcimenti cospicui per quante sostanze la zia aveva profuso nei viaggi che avevano portato alla scoperta delle isole Salomone e delle isole Marchesi».

Quanto entra il Perù nelle imprese di Doña Isabel?

«Da Lima, nel 1595, partì il San Jeronimo, il galeone di Don Alvaro, governatore spagnolo della città che progettava di approdare alle coste dell’Australia Incognita. Gli archivi peruviani hanno però molti “buchi”, periodi scoperti, privi di documentazione a causa dei tanti terremoti e delle rivoluzioni che hanno sconvolto il Paese. Ciononostante, soprattutto quelli dei conventi, conservano materiali preziosi. Ho passato molto tempo nel monastero di Santa Clara, a Lima. Le suore mia hanno permesso di forzare la clausura, benché la loro regola sia severissima».

E piano piano sono venute allo scoperto la personalità e le gesta dimenticate dell’ammiraglia...

«Una donna, Isabel, che ha amato a dismisura la sua libertà personale e l’ha affermata ben oltre i ruoli all’epoca consentiti alle signore. La sua figura è di una modernità assoluta. È stata pioniera in tutto: innamorata e amante del suo primo marito, che aveva sposato a Lima nel 1585, riuscì a farsi adorare e stimare da lui a tal punto da essere invitata ad accompagnarlo nella spedizione verso il quinto continente. Non solo. Dopo la sua morte ricevette per testamento il titolo di Govervatore, mentre quello di ammiraglio passava a un fratello di lei, Lorenzo. Che pure morì. Isabel assunse allora, senza esitare, anche il grado di ammiraglio e seppe comandare a bacchetta trecento rudi marinai, dagli ufficiali ai nostromi. Successivamente, in seconde nozze, fu nominata dal nuovo consorte responsabile degli scambi commerciali. Significava l’indipendenza anche economica dal coniuge in un periodo storico in cui la supremazia maschile, pressoché totale, implicava il possesso e l’imperio assoluti degli uomini sulle donne».

Il distico iniziale, da Cervantes, la dice lunga sull’importanza che lei annette a questa libertà, a questa emancipazione femminile ante litteram.


«È certo che le donne delle quali mi occupo hanno una caratteristica in comune ed è proprio la loro libertà. Isabel comincia libera e dopo tante avventure, tanto amore (non si è mai negata alla passione, anzi) e tante responsabilità, liberamente decide di richiudersi “per espiare”».

Un Ulisse femmina nel Siglo de Oro.

«Proprio così. Un Ulisse femmina in un’epoca che vedeva una donna a bordo di una nave come una catastrofe, un segno di malaugurio».

Isabel “doma” persino il suo nemico giurato, Pedro Fernández de Quirós, cronista portoghese al servizio del re di Spagna.

«Certo. Il fatto che ora tutto questo venga raccontato, mi rende orgogliosa. Giustizia è fatta. Isabel e le altre mie eroine erano ingiustamente sprofondate nelle nebbie della Storia. Ogni volta che ne ho incontrata una sono stata assalita dalla furia. Mi sono detta: devo rimetterla al posto che, con le sue qualità, si è conquistata, il posto cui ha diritto».

I suoi libri sono biografie o romanzi storici?

«Tutte e due le cose. Appartengono a entrambi i generi. Non solo biografia, non solo romanzo storico. Uso personaggi veri e li faccio agire in contesti reali, creando situazioni di finzione là dove il documento non mi assiste e, soprattutto, tentando di restituire il clima e i tratti di un secolo».
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