Tiberio, primo a scoprire gli antibiotici

Nel libro di Tiziana Lupi “Il Nobel mancato” il ritratto del ricercatore che, 34 anni prima della penicillina di Fleming, studiò a lungo le proprietà terapeutiche di alcune muffe. E poi abbandonò ogni studio per amore

Vincenzo Tiberio (1869-1915)
di Andrea Velardi
4 Minuti di Lettura
Sabato 27 Aprile 2024, 08:00
Mentre celebriamo il 150° anniversario della nascita di Guglielmo Marconi non possiamo non ricordare quanto l'impresa scientifica non consiste solo nell’avere grandi idee ma anche nell’avere la tenacia per imporle e per farle riconoscere pubblicamente dalla comunità dei pari e dalle grandi istituzioni. Nonostante lo prendessero per folle, Marconi è stato fortunato e fu il primo italiano Nobel per la Fisica nel 1909. Ma non sono pochi i casi illustri di scienziati italiani che non ricevettero il riconoscimento e tra questi c’è Il Nobel mancato. Vincenzo Tiberio. L’italiano che scoprì gli antibiotici raccontato nella biografia appassionata e documentata di Tiziana Lupi.
ERRORI
Per noi l’ultimo caso simile è stato quello del grande fisico Nicola Cabibbo più volte “vendicato” mediaticamente dal suo allievo Giorgio Parisi che invece al Nobel ci è arrivato nel 2021. Nel 2008, anche se le due leggi fisiche premiate portavano anche il suo nome, il riconoscimento andò soltanto ai tre cointestatari giapponesi. Nonostante questi errori, il libro di Lupi conferma una verità straordinaria: l’Italia vanta un primato assoluto nella rivoluzione di paradigma della storia umana avvenuta agli inizi del Novecento con le due invenzioni più importanti: le telecomunicazioni e gli antibiotici.
IL LASCITO
Se la nostra epoca è differente abissalmente da quelle del passato lo dobbiamo proprio a Guglielmo Marconi, padre dell’era delle telecomunicazioni e all’era degli antiobiotici inaugurata dal medico molisano Vincenzo Tiberio. Trentaquattro anni prima della penicillina di Alexander Fleming, Nobel nel 1945, Tiberio scopre il potere curativo di alcune muffe e nel 1895 pubblica il primo articolo su questo tema negli Annali di igiene sperimentale. 
Misteriosamente un anno dopo abbandona le ricerche nel cassetto per diventare ufficiale medico della Regia Marina Militare. Bisognerà aspettare il 1941 perché il Direttore della Sanità Militare Marittima Giuseppe Pezzi faccia luce sul caso e i giorni d’oggi con il libro di Lupi e la prefazione dell’Ammiraglio Antonio Dondolini Poli intenzionato far conoscere il più possibile la grandezza di questo ufficiale straordinario. A questo punto dovremmo citare un altro Nobel Premio Nobel per la medicina nel 1965, la La statua interiore dove François Jacob ricorda come una grande carriera scientifica riesce solo se si sposa ad una grande armonia personale e privata. Il Nobel mancato è infatti la rivelazione dell'appassionato e doloroso romanzo di un italiano che avrebbe cambiato il mondo, ma che rinunciò alle sue scoperte per inseguire la guarigione da un male ancora più insidioso: un amore ricambiato, ma ugualmente impossibile. Quello per la cugina Teresa Amalia, una dei quattro figli degli zii Graniero che lo ospitavano ad Arzano mentre studiava alla Federico II di Napoli. Perché Vincenzo si allontana da lei per dieci anni, lancinato nell’anima, per lasciarla libera di costruirsi una famiglia? Due sorelle di Amalia soffrono di disabilità mentale e così la consanguineità lo terrorizza e la Marina diventa il suo esilio pieno di rimozione e di attivismo. Amalia è distrutta fino a tentare il suicidio, ma per molto tempo nei diari di Tiberio non c’è traccia dell’amore rimosso. Nel 1900 si imbarca per Zanzibar, fronteggiando il vaiolo, la malaria e il beri-beri. Nel 1908 si trova nella nave-ospedale del terremoto di Messina dove si segnala per «operosità, coraggio e filantropia». 
IL DOLORE
Intanto Amalia rifiuta ogni pretendente e arriva perfino a presentargli l’avvocato che sta per sposare perché lui capisca che la sta perdendo per sempre: «Che lotta che combatto! Finisca almeno presto se i miei giorni devono essere neri!» scrive in quei giorni finché nel 1905 corona il suo amore tormentato nella cappella dei suoceri. Resta angosciato dalle gravidanze tanto da chiamarle «la maledizione di Dio». Ma Lupi sottolinea che «è stato un padre di famiglia molto affettuoso e che la sorte ha voluto che morisse giovane per un infarto, conseguenza di un’influenza malcurata proprio perché non c’erano ancora gli antibiotici». Quelle terapie alle quali avrebbe consacrato la vita se quell’amore impossibile non lo avessero ostacolato. E alla sua morte Amalia è andata incontro per un anno ad una tremenda depressione. 
DOCUMENTI
Come un orafo paziente Tiziana Lupi intreccia documenti, diari, aneddoti e confidenze che sembravano ininfluenti, ma che invece restituiscono, pagina dopo pagina, il grande romanzo del “Nobel mancato” e della sua lancinante passione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA