Chi era veramente Hemingway? Matteo Nucci racconta i segreti dello scrittore premio Nobel

In "Sognava i leoni" il ritratto di un autore dalla biografia ingombrante

Chi era veramente Hemingway? Matteo Nucci racconta i segreti dello scrittore premio Nobel
di Andrea Frateff-Gianni
3 Minuti di Lettura
Venerdì 26 Aprile 2024, 06:00

Chi era veramente Hemingway? Un bevitore accanito, un avventuriero, un cacciatore, un appassionato di corride, un semplice cronista di guerra? È stato veramente uno dei maggiori scrittori del Novecento o solamente un personaggio da copertina costruito ad arte? Le risposte a queste domande le trovate, una dopo l’altra, in Sognava i leoni, libro appena pubblicato da HarperCollins, all’interno del quale lo scrittore romano Matteo Nucci, attraverso una lunga e appassionata dichiarazione d’amore, dipinge un ritratto nuovo e particolarmente esauriente di Ernest Miller Hemingway, nato a Oak Park, Michigan, il 21 luglio del 1899 e morto il 2 luglio del 1961 a Ketchum, Idaho, dopo essersi sparato un colpo di fucile in testa. «Raccontare uno scrittore come Hemingway, non sarebbe possibile senza seguire le tappe della sua biografia». Hemingway secondo Nucci non si legge più, e anche quando si leggeva «a dominare è sempre stato un pregiudizio legato alle sue imprese», come se la sua biografia avesse costantemente prevalso sulla sua stessa opera. La biografia dell’uomo in effetti fu particolarmente avvincente: simile a tratti alla trama di un film d’azione. 

I mille volti di un premio Nobel


Reporter di guerra, spia antinazista e partigiano, fra le altre cose, fu inoltre grande organizzatore di safari in Africa e partecipò alle più celebri risse tra artisti nella Parigi dei “ruggenti anni Venti”, risultando comunque nello stesso periodo il migliore tra gli allievi di Gertrude Stein. Passò la sua tormentata esistenza tra l’Italia, la Francia, la Spagna e Cuba.

Ora guidando ambulanze a Milano nel 1918 durante il conflitto mondiale, ora presentandosi all’Hotel Ritz di Place Vendome a Parigi “con due enormi bauli da marinaio”. Non smise mai di scrivere però e successivamente, infatti, il suo straordinario talento fu unanimemente riconosciuto, tanto che vinse, a ruota, un Pulitzer, nel 1953, e un Nobel, nel 1954. 


Dopo i premi la sorte, però, sembrò voltargli le spalle, nonostante ormai fosse una superstar in cima alle classifiche di vendita e pronto, con il suo Il vecchio e il mare, ad essere portato al cinema da una produzione faraonica, pronta a trasformare il romanzo in un film con Spencer Tracy. «Nel gennaio del 1954 il Cessna su cui era a bordo con la moglie Mary, dopo aver sorvolato le cascate Murchinson, colpì il filo di un telegrafo abbandonato e fu costretto a un atterraggio di emergenza brutale e per nulla indolore. Dalle ferite di quegli incidenti non si sarebbe ripreso più». 
 Sognava i leoni raccontando la vita e l’arte di questo « scrittore infettivo», come lo definiva l’amico Fitzgerald, risulterà essere infettivo anch’esso, poiché sicuramente la sua lettura porterà ai pochi che non lo hanno ancora fatto ad andare a recuperare capolavori irripetibili come Addio alle armi, lo stesso Il Vecchio e il mare, Festa Mobile o altri titoli scritti dal magnifico Ernest Miller Hemingway. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA