Il maresciallo Rocca viterbese davvero, quella sera a cena dopo il set: «E me rifate lavorà?»

Da sin. l'ex sindaco Gabbianelli, Ivo Gobbino il "Padrino", Arnaldo Sassi ei Gigi Proietti
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Martedì 3 Novembre 2020, 11:17 - Ultimo aggiornamento: 15:19

Vabbè, anch'io l'avevo conosciuto. Durante le riprese viterbesi del maresciallo Rocca. Con svariati incontri e anche qualche cena annaffiata da bicchieri di buon vino (Ho seccato più vigne io... disse una sera al tavolo della trattoria del Padrino di via della Cava).

Scrivere un ricordo di Gigi Proietti non è cosa semplice, giacché oggi tutta la stampa italiana (e non solo) sarà impegnata a magnificarne il personaggio, l'attore, l'uomo che tanto ha dato all'arte dello spettacolo. Io ci proverò, ricordando quegli incontri di fine anni '90 che mi sono rimasti nella mente, e che me lo hanno fatto apprezzare, anzi che dico ammirare, soprattutto per la sua carica umana, affabilità e, soprattutto, disponibilità a venirti incontro in qualsiasi situazione.

Già, perché il primo impatto fu proprio dovuto a una necessità mia e del Messaggero, per il quale allora lavoravo.

Il giornale aveva lanciato un'iniziativa benefica chiamata Il piatto della solidarietà, in collaborazione con la Federlazio. Un piatto in ceramica con dolci natalizi, il cui ricavato sarebbe andato in beneficenza. In quel periodo Proietti stava girando il serial televisivo, così tentai di utilizzarlo come testimonial. Perché sapevo benissimo che certe cose gli attori le fanno... ma a pagamento. Così, infilato uno di quei piatti sulla mia auto, andai sul set (in quei giorni giravano a San Martino) con il fotografo e attesi una pausa. Mi avvicinai a lui con rispetto, con deferenza e pure con un certo timore. Mi presentai e gli illustrai la cosa.

Proietti non fece una piega: «Embè? Qual è r problema? Ndo sta sto piatto, ndo me devo mette?. In cinque minuti facemmo tutto e rimasi attonito per la facilità con cui realizzammo l'operazione, nella consapevolezza che non tutti gli artisti avrebbero accettato. Ci salutammo, ma nei giorni seguenti continuammo a vederci, giacché le riprese si svolgevano a piazza del Teatro, vicino alla redazione. Altra sorpresa: quando mi vedeva era sempre lui a salutare per primo, a stringermi la mano, a chiedermi come andavano le cose. Insomma, non era come una star della tv, ma come un vecchio amico.

Sicché, quando seppi che Giancarlo Gabbianelli, sindaco dell'epoca, aveva organizzato una cena con lui e con il suo staff alla trattoria del Padrino, mi auto-invitai. Non so se quella fu la cena più bella della mia vita, ma sicuramente fu la più esilarante. Perché scoprii che non c'era alcuna differenza tra il Proietti che saliva sul palco o che stava davanti alla telecamera, e quello che si rilassava insieme a un gruppo di amici. Fu una serata di risate a crepapelle perché le battute gli uscivano spontanee e improvvise. Ricordo che si parlava di politica e un tecnico dello staff mi chiese: Ma qual è l'indirizzo del Messaggero?, riferendosi ovviamente a quello politico. E lui: Via der Tritone, suscitando ovviamente l'ilarità. Facemmo le 2 e alla fine se ne uscì con un «Insomma, pure stasera m'avete fatto lavorà». Ma poi aggiunse: «Però, si c'era na chitara...»
Ci rincontrammo l'anno dopo alle cantine di Canepina, a una cena organizzata dalla Cgil. Anche ad Antonio Filippi, segretario del sindacato viterbese, non disse di no. E lì fu più serio, perché parlò dei problemi del lavoro, degli operai, della solidarietà, senza però perdere quella leggerezza innata di cui era dotato. Finite le riprese del maresciallo Rocca non ebbi più occasione rivederlo. Fino al 2013, quando il sindaco Leonardo Michelini decise di concedergli la cittadinanza onoraria.

Arrivò in piazza del Comune in andò subito ad abbracciare il maresciallo Iannaccone, il carabiniere (vero) che gli aveva fatto da guida durante la fiction tv. Poi il suo sguardo incrociò il mio: mi riconobbe al volo, venne a salutarmi e percorremmo insieme la scalinata che conduceva alla sala consiliare. A fine cerimonia la foto ricordo che ancora custodisco e un A presto che purtroppo non è mai arrivato.
Ciao, Gigi.
Arnaldo Sassi
(ex capo redattore del Messaggero)

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