La Sogin in ascolto. Stamattina a palazzo Gentili sarà presente per conoscere direttamente dal territorio i motivi del no al deposito nazionale di scorie radioattive nella Tuscia. E ce ne sono tanti. L’obiettivo, secondo il presidente della Provincia Pietro Nocchi, è di chiudere l’iter in modo che prevalgano subito le ragioni, ma in caso contrario «siamo già pronti».
Via Saffi, ore 9: Provincia, Comuni, associazioni, tecnici e avvocati di fronte alla Sogin. Ecco come si sono preparati. «Avevamo già fatto un incontro propedeutico con tutti – dice Nocchi – e altri ce ne sono stati sul territorio. Non faremo altro che ripresentare e motivare le osservazioni. Farò un’introduzione e ci sarà spazio per tecnici e avvocati per entrare nel dettaglio sul perché questo deposito qui non ha alcun senso: non è area idonea per mille motivi».
Eccone qualcuno: «La nostra vocazione agricola, alcune zone a rischio terremoto, altre soggette a vincoli archeologici, altre ancora protette dal Wwf. Poi ci sono prodotti doc, e ancora il tema della conformità del territorio, quello della viabilità con il trasporto di questi rifiuti. Sarebbe pericoloso.
Uno degli incontri cui fa riferimento Nocchi si è svolto sabato a Tuscania. «Il territorio – spiega il Coordinamento dei comitati della Tuscia - non vuole diventare la grande pattumiera delle scorie nucleari italiane. La decisione della Sogin, la società pubblica incaricata dello smaltimento dei rifiuti nucleari, di concentrare nel Lazio e principalmente nella Tuscia le principali centrali di stoccaggio, ha sollevato le proteste dei cittadini e dei comitati locali».
Entra quindi nel cuore del problema. «Il piano della Sogin prevede di creare depositi temporanei di superficie all’interno dei quali stoccare per 100 anni scorie di media e alta intensità. Oltre alla arbitrarietà nella scelta dei territori più colpiti, quello che preoccupa abitanti e comitati è la fumosità nelle modalità tecnico scientifiche che saranno applicate per i depositi temporanei di superficie».