Coronavirus e aziende, a Viterbo è già boom di richieste per la cassa integrazione

Coronavirus e aziende, a Viterbo è già boom di richieste per la cassa integrazione
di Luca Telli
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Sabato 4 Aprile 2020, 08:05
Trecento domande per la cassa integrazione lavorate da Confartigianato. Cinquanta in più quelle ricevute dalla Cna Viterbo - Civitavecchia. Migliaia di lavoratori in difficoltà e con loro centinaia di imprenditori. E non basta, perché a gonfiare i dati e dare l’idea dell’emergenza, c’è il numero di chi opera nei settori non sospesi dal decreto ma è costretto a chiedere ugualmente un sostegno.

«Sono persone che, dal momento in cui è iniziata la crisi, hanno visto crollare lavoro e di conseguenza fatturato – spiega Luigia Melaragni, segretaria Cna – il numero cresce e salirà ancora». Insieme a quello delle casse integrazioni in deroga, con un sommerso legati agli impiegati costretti a smaltire le ferie in eccesso per poter ottenere il sussidio.  «La cosa che ci preoccupa di più è che la soluzione non è dietro l’angolo – continua Melaragni – le aziende sono ferme, ogni settore è in sofferenza. Serve una liquidità immediata che è difficile da ottenere nonostante la collaborazione delle banche. Le pratiche sono migliaia e ognuna ha il suo iter per essere accettata. L’unica via d’uscita passa dalla conclusione dell’emergenza sanitaria».

Altrimenti, i caduti sul campo rischiano di aumentare in maniera esponenziale. I volti, quelli di datori di lavoro e famiglie, vittime della recessione e di un prospetto che parla di un anno a tinte foschissime. «La nostra realtà, già fragile, è legata alla piccola e media impresa. Ci sono titolari che faticano a trovare i soldi per mangiare e mettere la benzina, a qualcuno sembrerà impossibile ma è così – dice Andrea De Simone, segretario di Confartigianato -. I sussidi sono uno strumento ma dalla crisi si esce solo con il lavoro».

Sussidi insufficienti, specie per le attività stagionali che pagheranno il costo più alto, ma su cui De Simone preferisce non fermarsi troppo: «Seicento euro sono pochi. Così come i 25miliardi messo in campo dal Cura Italia, ma questa è, probabilmente, la coperta abbiamo”. Meglio concentrarsi sui prossimi passi: «Bisogna iniziare a pensare alle aperture vincolate di alcune attività – continua – per esempio i parrucchiere, lavorare solo su appuntamento un cliente per volta, è un’idea da mettere sul tavolo prima che sia tardi».

Sui numeri e sulla possibilità che, nel peggiori degli scenari, quasi la metà delle aziende presenti sul territorio possano non avere le forze per ripartire, il segretario taglia corto: «Prima di fare qualsiasi previsione aspettiamo che l’emergenza sanitaria finisca – conclude - Poi è chiaro, ognuno dovrà fare la sua parte e mettere in campo ogni forza a disposizione per permettere al territorio di ripartire».

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