Mercoledì è il giorno fissato per il trasferimento. Si lavora, anche sottotraccia, per scongiurarlo. Michelini non entra nelle gerarchie ecclesiastiche, ma ha chiara la reazione della città sulla vicenda. «C'è sensibilità, attaccamento alle clarisse – dice – che rappresentano 750 anni di storia, sono custodi del corpo di Santa Rosa, l'anello di congiunzione di quest'ultima con i viterbesi».
E poi c'è il lavoro di recupero avviato dalla Procura, che sta alzando il velo su un tesoro fatto di documenti, opere e quant'altro: sta praticamente aprendo un forziere. «Un patrimonio che appartiene alla città – continua il sindaco – non ancora censito: va catalogato dalla Soprintendenza. Ci sono stati inoltre dei recuperi, come il quadro che attualmente è esposto a palazzo dei Priori. Entrambe hanno chiesto tempo, il tutto si potrebbe coniugare mantenendo una presenza seppure parziale delle clarisse. Oggi a maggior ragione sono loro l'elemento per aiutarci a capire di più su questo patrimonio che hanno sempre custodito».
Troncare di netto il legame della città con le suore insomma non è auspicabile. Servirebbe un passaggio graduale. Sembra che il tempo necessario sia almeno un anno. Nel frattempo, alzando quel velo che finora ha tenuto nascoste opere e documenti che coprono secoli di storia e intravedendo l'apertura del museo, non è detto che le cose non cambino in favore delle clarisse.
«Le tre suore rimaste – conclude Michelini – potrebbero anche migliorare il rapporto della città con le nuove, le alcantarine. Quante ne arriveranno? Non si sa, ma indubbiamente al monastero non c'è un problema di spazio».