La sentenza: omicidio di Mammagialla, la Corte d’Appello riduce la pena per Sing Khan

Mammagialla
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Mercoledì 21 Aprile 2021, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 15:56

Omicidio di Mammagialla, la Corte d’Appello riduce la pena per Sing Khan. Il 35enne indiano il 29 marzo del 2019 uccise con 10 sgabellate il compagno di cella Giovanni Delfino, sessantenne viterbese. A scatenare la furia omicida di Khan sarebbe stato un motivo banale, come lo stesso imputato ha sottolineato durante il processo: ««Ero nervoso e triste per i miei problemi sessuali. Non mi sento più maschio».
La Corte d’Assise di Viterbo, in primo grado, lo aveva condannato a 14 anni di carcere, concedendogli solo uno sconto perché considerato parzialmente sano di mente.
Ieri mattina la Corte d’Appello di Roma, accogliendo le motivazioni della difesa, avvocato Antonio Carlevaro, gli ha concesso le attenuanti generiche e ridotto la pena a 12 anni di reclusione. Khan sta già scontando la condanna in una Rems, dove allo stesso tempo viene curato per i problemi mentali riscontrati. 
Soddisfatti dell’esito anche gli avvocati di parte civile, che stanno giocando la battaglia su diversi piani. Fin dall’inizio infatti gli avvocati Carmelo Pirrone e Paride Sforza hanno puntato il dito sulla sorveglianza del carcere di Viterbo, che secondo loro avrebbe avuto diverse responsabilità sull’accaduto.
«Siamo soddisfatti - hanno affermato Pirrone e Sforza - che il giudice relatore della Corte d’Assise d’appello abbia sottolineato, nella relazione introduttiva del processo di seconda grado, l’esistenza del parere della commissione interdisciplinare del carcere di Viterbo, basato sulla grandissima sorveglianza e sulla necessità di tenere l’imputato in una cella singola, perché deduttivamente possono configurarsi altre responsabilità, oltre all’azione delittuosa del Singh, nella morte di Delfino. Ormai dobbiamo solo attendere i 40 giorni previsti dal Collegio per avere cognizione dei motivi.
L’azione delle parti civili, intanto, prosegue anche in sede civilistica nella causa contro il ministero dove è stata respinta dal giudice la chiamata in causa in manleva dell’autore dell’omicidio da parte dell’avvocatura di Stato».

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