Occupazione giovanile, la Tuscia maglia nera nel Lazio. Secondo l’ultimo rapporto sul benessere fornito dall’Istat, nel 2020 solo il 24,8% dei ragazzi compresi tra la fascia 18 – 24 anni ha un lavoro. Meglio del viterbese fanno Frosinone 25,8%, Latina 27,4%, Rieti 28,3% e Roma, unica provincia che con 32,8% supera la media nazionale ferma al 29.7%.
Un dato che diventa peggiore se viene analizzato per sesso: se tra i maschi under 25 la percentuale degli occupati si alza al 31,5%, tra le donne sprofonda al 17,8% (in entrambi i casi in calo rispetto al 2019, 32,9% e 18,7%), e che, per di più, non dice tutta la verità sulla pesante emergenza occupazionale della provincia.
Nel computo statistico, infatti, non entrano solo contratti a tempo indeterminato, ma annuali, stagionali e tutte quelle categorie che, sprovviste di certezze sul futuro, rappresentano la parte maggioritaria del nuovo mercato del lavoro.
Un precariato di massa i cui effetti più evidenti sono l'aumento dell’instabilità, l’incapacità di creare autentica ricchezza e la fuga lontano dalla provincia, se non in alcuni casi anche dalla nazione. Fuga, come testimoniano gli indici sulla popolazione più recenti, già iniziata da anni e che, con il calo delle percentuali dei giovani che non studiano né lavorano passate in un anno dal 21,8% al 18,4%, aumenta il rischio di veder esportate figure professionali qualificate al netto di nuovi innesti a bassa specializzazione, aumentando, di fatto, il gap produttivo rispetto ad altre zone del Paese e della regione.
Colpa di una politica assenteista che negli ultimi decenni non ha tenuto conto delle mutate esigenze lavorative, sprovvista della lungimiranza di creare un piano nel lungo periodo e di occuparsi delle categorie dei lavoratori più fragili: i giovani, appunto.
Un’ ipotesi, quest’ultima, che trova conferma se vengono messi in parallelo i dati, forniti sempre dall’ultimo rapporto Istat, sull’occupazione generale che registra la crescita di lavoratori nella fascia 20 – 64: nel 2019 la percentuale era del 58,7%, nel 2020 59,8%.
Sempre con una pesante sperequazione tra i sessi.
Difficoltà acuite dallo scoppio dell’emergenza sanitaria e che hanno costretto una parte a scegliere tra le esigenze familiari e quelle lavorative a fronte, anche, di salari decisamente inferiori. Un uomo, dipendente, percepisce un reddito medio di 19.932 euro, una donna di 12.636.