Occupazione giovanile, Viterbo maglia nera nel Lazio. Soffrono soprattutto le donne

Occupazione giovanile, Viterbo maglia nera nel Lazio. Soffrono soprattutto le donne
di Luca Telli
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Venerdì 10 Settembre 2021, 06:15 - Ultimo aggiornamento: 16:11

Occupazione giovanile, la Tuscia maglia nera nel Lazio. Secondo l’ultimo rapporto sul benessere fornito dall’Istat, nel 2020 solo il 24,8% dei ragazzi compresi tra la fascia 18 – 24 anni ha un lavoro. Meglio del viterbese fanno Frosinone 25,8%, Latina 27,4%, Rieti 28,3% e Roma, unica provincia che con 32,8% supera la media nazionale ferma al 29.7%.

Un dato che diventa peggiore se viene analizzato per sesso: se tra i maschi under 25 la percentuale degli occupati si alza al 31,5%, tra le donne sprofonda al 17,8% (in entrambi i casi in calo rispetto al 2019, 32,9% e 18,7%), e che, per di più, non dice tutta la verità sulla pesante emergenza occupazionale della provincia.

Nel computo statistico, infatti, non entrano solo contratti a tempo indeterminato, ma annuali, stagionali e tutte quelle categorie che, sprovviste di certezze sul futuro, rappresentano la parte maggioritaria del nuovo mercato del lavoro.

Un precariato di massa i cui effetti più evidenti sono l'aumento dell’instabilità, l’incapacità di creare autentica ricchezza e la fuga lontano dalla provincia, se non in alcuni casi anche dalla nazione. Fuga, come testimoniano gli indici sulla popolazione più recenti, già iniziata da anni e che, con il calo delle percentuali dei giovani che non studiano né lavorano passate in un anno dal 21,8% al 18,4%, aumenta il rischio di veder esportate figure professionali qualificate al netto di nuovi innesti a bassa specializzazione, aumentando, di fatto, il gap produttivo rispetto ad altre zone del Paese e della regione.

Colpa di una politica assenteista che negli ultimi decenni non ha tenuto conto delle mutate esigenze lavorative, sprovvista della lungimiranza di creare un piano nel lungo periodo e di occuparsi delle categorie dei lavoratori più fragili: i giovani, appunto.

Un’ ipotesi, quest’ultima, che trova conferma se vengono messi in parallelo i dati, forniti sempre dall’ultimo rapporto Istat, sull’occupazione generale che registra la crescita di lavoratori nella fascia 20 – 64: nel 2019 la percentuale era del 58,7%, nel 2020 59,8%.

Sempre con una pesante sperequazione tra i sessi.

Tra i maschi, infatti, il numero degli occupati è cresciuto dal 69,2 al 71,8%. Tra le donne è sceso dal 48,3 al 48. Una decrescita, quest’ultima, progressiva dal 52,4% del 2014 che trova giustificazione anche nelle condizioni di profondo disagio in cui le donne, soprattutto quelle con figli, vivevano già prima della pandemia per mancanza di strutture, come gli asili nido, e strumenti di sostegno.

Difficoltà acuite dallo scoppio dell’emergenza sanitaria e che hanno costretto una parte a scegliere tra le esigenze familiari e quelle lavorative a fronte, anche, di salari decisamente inferiori. Un uomo, dipendente, percepisce un reddito medio di 19.932 euro, una donna di 12.636.

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