Gas, stop alle forniture? Le aziende ceramiche del distretto viterbese tra paura e contromisure

Gas, stop alle forniture? Le aziende ceramiche del distretto viterbese tra paura e contromisure
di Simone Lupino
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Mercoledì 20 Luglio 2022, 12:06

La prima stretta sulle forniture di gas russo all'Italia fa tremare le aziende della ceramica di Civita Castellana dove, per portare i forni fino a temperature di 1250 gradi, di gas ce ne vuole. Eccome. Al momento nessuna conseguenza, ma lo scenario poterebbe mutare repentinamente.

«Se malauguratamente Putin decidesse di chiudere subito il rubinetto e nel frattempo, per qualsiasi tipo di imprevisto, i rifornimenti attesi dagli altri paesi produttori contattati dall'Italia non fossero disponibili, allora avremmo un problema molto serio». A parlare è Augusto Ciarrocchi, presidente di Ceramica Flaminia, vice presidente Confindustria Ceramica (l'associazione nazionale che raggruppa le aziende di settore).

Ciarrocchi, il vostro sembra uno dei settori più colpiti dalla crisi internazionale.
«Guardi, noi ci siamo dentro con tutti e due i piedi. Da una parte perché le ceramiche sono una delle manifatture più esposte ai rincari dell'energia: le aziende hanno attuato una larga meccanizzazione e quindi i consumi elettrici sono divenuti molto elevati. Dall'altra parte, invece, perché per noi è altrettanto fondamentale il consumo di gas metano che alimenta i forni di cottura».

Come vi siete comportati in questo scenario?
«Ci sono aziende che già alla fine della scorsa estate, vedendo l'escalation del prezzo del gas, si sono cautelate sottoscrivendo contratti a lungo termine con i produttori. Chi ha fatto questa scelta oggi si trova a pagare poco più del doppio rispetto a gennaio-febbraio 2021, ma molto meno rispetto a quanto pagherebbe con i prezzi attuali. Altre imprese, invece, hanno confidato in possibili ribassi del mercato, che però non si sono verificati. Queste ultime si trovano a pagare sei volte di più rispetto a un anno e mezzo fa: un euro al metro cubo. Il che significa bollette mensili da 300-400 mila euro. Un bagno di sangue, insomma».

Come sopportano le imprese questi costi extra?
«Va detto che fortunatamente il mercato tira: nel 2021 il fatturato del distretto della ceramica è stato di 333 milioni di euro, con un incremento del 12% rispetto al 2019, anno pre Covid.

Beneficiamo, inoltre, di tutti gli incentivi per l'edilizia e, più in generale, del fatto che il Covid ha rimesso la casa al centro dell'attenzione degli italiani».

Secondo l'ultimo rapporto della Banca d'Italia sull'economa del Lazio, la qualità dei prestiti al settore produttivo risentirà dell'aumento dei prezzi energetici, soprattutto per chi opera nei settori a più intenso utilizzo. E cita la provincia di Viterbo. 

«Sì, è il nostro identikit. Ma per i fattori appena espressi quello paventato da Banca d'Italia non è un rischio concreto».

Crisi energetica, si poteva evitare?
«Rispondo con una domanda: possiamo dire, retrodatando il nostro giudizio, che la strategia dei passati governi di andare a comprare il gas della Russia perché costava poco, e allo stesso tempo chiudere i giacimenti nazionali, è stata da matti? Autolesionismo, il minimo. Con un po' di lungimiranza non ci saremmo trovati in questa situazione».

Quali contromisure state adottando?
«Le imprese stanno lavorando sul contenimento dei costi energetici, ad esempio, con l'installazione di fotovoltaico e il recupero del calore dai forni di cottura. Impossibile nell'immediato ipotizzare una transizione ecologica che abbandoni il gas. Se ne parlerà tra una decina di anni».

E nel frattempo?
«Possiamo solo sperare che Putin non chiuda il gas. Se invece si riaprono i giacimenti italiani e i contatti presi con gli altri Paesi fornitori verranno a maturazione, nella seconda parte del 2023 saremmo al riparo da qualsiasi decisione da parte russa».
 

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