Sul lettino di Freud ci finiscono Giuda e Pietro, il tradimento nel Getsemani

Sul lettino di Freud ci finiscono Giuda e Pietro, il tradimento nel Getsemani
di Franca Giansoldati
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Lunedì 25 Marzo 2019, 10:22
Città del Vaticano - Stavolta sul lettino dello psicanalista ci sono finiti Pietro, Giuda e Gesù. Perché, in fondo, anche le vicende narrate dagli evangelisti possono essere esplorate nell'inconscio mettendo a nudo emozioni, pulsioni primarie e desideri nascosti. Pur amando molto si finisce per tradire. Esattamente come è accaduto a Pietro. L'aula magna della Gregoriana, alcuni giorni fa, era gremita all'inverosimile. In cattedra però non c'era un teologo o un biblista, ma lo psicanalista Massimo Recalcati, invitato dal Centro Alberto Hurtado per un ciclo di conferenze dedicate al rapporto tra fede e cultura e gli insegnamenti di Freud, nel tentativo di far luce sulla psiche e sui labirinti dell'inconscio.

Il punto di partenza è stata la vicenda del Getsemani, la notte buia dell'anima, simbolica e potente, in cui Cristo nell'orto degli ulivi sperimenta il tradimento, l'abbandono, la solitudine e financo il silenzio di Dio. Un avvio quasi drammaturgico. Recalcati si è chiesto provocatoriamente se Cristo nascondesse, magari inconsciamente, un aspetto masochistico nel suo sacrificio, visto che già sapeva che di lì a poco lo avrebbe atteso il calvario, la passione, la crocifissione. Recalcati ha intrecciato i comportamenti che si sviluppano nei sinottici: «C'è una convergenza tra Bibbia e psicanalisi, un punto chiave, che riguarda il superamento tra la legge e il sacrificio, inteso come una tetra immolazione fine a se stessa. Nel Getsemani Gesù dimostra però di non essere l'incarnazione di un fantasma masochistico, la sua passione non è affatto fanatica, né idealizzante. In quella notte Cristo sperimenta il silenzio di Dio, misura la notte dell'uomo dove si intersecano tre esperienze umane radicali. Il tradimento, l'angoscia della morte, il conforto nella preghiera. Esperienze che definiscono la forma umana della vita»

Nel percorso elaborato da Recalcati il tradimento assume due volti precisi, quasi antitetici: quello di Giuda – «un uomo che non sa amare» - e che vende Cristo per 30 denari e quello di Pietro che pur amando profondamente lo rinnegherà. Chi ha maggiori colpe? Quale è il tradimento peggiore tra i due? Giuda, il figlio di Simone, è davvero così malvagio? Non si potrebbe, invece, considerarlo come uno che reagisce deluso facendosi trascinare da un transfert negativo non vedendo più quella forza che lo attirava positivamente al Maestro? «Giuda agisce un po' come un innamorato deluso. Nel suo amore per Cristo sperimenta l'esperienza della delusione». Il meccanismo profondo che sembra muoverlo in fondo sembra banale, come quando si tradisce per insoddisfazione, disillusione, scontento. Recalcati incalza la platea, aggiungendo altri elementi comparativi all'analisi.

I sentimenti di Giuda non cambiano forse quando il transfert passa da positivo a negativo e vede in Gesù solo una limitazione della sua libertà? Lo scontro tra la ragione politica di Giuda e la ragione etica di Gesù si manifesta a casa di Simeone il lebbroso, quando la donna di Betania usa un unguento di lusso. Uno sperpero, secondo Giuda, che dice che quei soldi si potevano usare per nutrire i poveri. Dal punto di vista del ragionamento sociale ha un senso. Ma quel dono d'amore eccede la ragione del politico: in questo caso implica solo gratuità».

Da qui il drammatico distacco e l'inizio del tranfert negativo che dà origine al tradimento. Anche Pietro tradisce ma quello che fa è «abissalmente distante e molto più grave. Mentre Giuda è uno che non sa amare e che si è già distaccato dal suo maestro visto che non coincide con la sua rappresentazione immaginaria, Pietro quando tradisce è ancora 'innamorato' di Gesù, il transfert è ancora positivo. Il tradimento in questo caso è più grave con la differenza che egli non svende il corpo del Maestro». Come volesse indicarci che è possibile «ingannare chi più amiamo, non tanto perché non lo amiamo più, ma forse perché lo amiamo immensamente e anche per paura di questo potere su di noi».

Il racconto evangelico si amplifica con il suicidio di Giuda, ovvero con l'esito del transfert negativo che genera morte. Infine brillano le lacrime di Pietro. «Quando tradisce, tradisce anche se stesso, perché tradisce il suo desiderio. La forza di quelle lacrime è evidente. Del resto Dostojevki diceva che un uomo che sa piangere può tutto, e se pure Pietro si perde, figuriamoci noi».

 
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