Il Papa chiede ai giovani di non avallare mai le ragioni della guerra, mentre in Bahrein gli chiedono aiuto le mogli dei prigionieri sciiti

Il Papa chiede ai giovani di non avallare mai le ragioni della guerra, mentre in Bahrein gli chiedono aiuto le mogli dei prigionieri sciiti
di Franca Giansoldati
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Sabato 5 Novembre 2022, 16:49 - Ultimo aggiornamento: 18:10

Manama (Bahrein) – A qualche isolato di distanza dal quartiere in cui si trova la scuola cattolica dove il Papa Francesco sta incontrando i giovan e ai quali chiede di intervenire sempre per «non avallare mai le ragioni» della guerra, un gruppo di donne velate, bambini e qualche ragazzo stanno manifestando per strada, mostrando diversi cartelli, per chiedere al Pontefice di intercedere presso le autorità del Bahrein e avere informazioni sulle condizioni di salute di coloro che sono stati imprigionati con la Rivolta delle Perle del 2011. Padri, mariti, fratelli. In occasione della visita papale sono scesi in strada una ventina di coraggiosi dimostranti sciiti, la corrente musulmana maggioritaria in Bahrein ma fortemente osteggiata dalla classe dirigente e dalla casa regnante degli Al Khalifa appartenenti, invece, alla corrente dei sunniti. Secondo una Ong situata a Londra – BIRDbahrain - i manifestanti sarebbero stati anche minacciati dalla polizia e potrebbero essere arrestati.

Il primo giorno di viaggio nel piccolo regno del Golfo, Papa Francesco incontrando a tu per tu il sovrano, aveva chiesto la salvezza per una ventina di prigionieri politici ritenuti teleguidati dall'Iran durante il periodo delle Primavere Arabe, dalle quali prese il via la Rivoluzione delle Perle soffocata dal Bahrein con l'aiuto della vicina Arabia Saudita.

Diverse famiglie avevano scritto al Papa prima della sua partenza, implorandolo di intervenire e descrivendogli un quadro non proprio roseo sotto il profilo dei diritti umani. Anche Amnesty International si era raccomandata di non farsi strumentalizzare dal re del Bahrein, interessato ad operazioni di maquillage. 

«Undici anni dopo la rivolta popolare che ha scosso il Bahrein, e sotto la fanfara delle riforme successive, i prigionieri di coscienza rimangono dietro le sbarre e i diritti alla libertà di espressione e associazione continuano a essere repressi». Iniziava così la lettera che Amnesty e una ong chiamata ADHRB hanno inviato in Vaticano. Dal 2011, secondo Amnesty, un totale circa 38 moschee sciite sono state distrutte e diversi leader sciiti sono imprigionati per reati di coscienza. «Il Papa non può essere strumento di propaganda e, nella nostra opinione, non deve offrire la sua amicizia a tale regime».

 Il Vaticano ritiene però «possibile e auspicabile» che re Khalifa conceda l'amnistia. «Il re solitamente è protagonista di gesti magnanimi quando riceve leader stranieri, e crediamo sia possibile anche stavolta per alcuni prigionieri in cella dopo le rivolte del 2011» ha detto il cardinale Miguel Ayuso sul volo da Roma.

C'è un filo diplomatico sotterraneo che collega l'iniziativa umanitaria del Papa in Bahrein al viaggio in Iraq, dove due anni fa ebbe luogo l'incontro storico con l'Ayatollah Al Sistani. Il sogno di Papa Francesco è di riuscire ad aprire spiragli tra sciiti e sunniti. Quasi un miracolo. Così la richiesta che Francesco fa arrivare al Bahrein è molto chiara. Chiede innanzitutto il rispetto dei diritti umani e della vita, condannando la pena capitale che vige nel sistema giudiziario. Naturalmente quando il Papa chiede che venga rispettata la libertà religiosa non lo fa solo per i cristiani (che comunque godono di una discreta protezione, tanto da poter andare a messa ed esercitare il culto normalmente) ma anche per gli sciiti, visto che tante loro moschee sono state rase al suolo. «Chiedo che la libertà religiosa diventi piena e non si limiti alla libertà di culto; perché uguale dignità e pari opportunità siano concretamente riconosciute ad ogni gruppo e ad ogni persona».

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